La relazione d’aiuto con clienti in età avanzata
Istituto Gestalt Firenze
Di G. Paolo Quattrini
Pubblicato sul numero 42 di Formazione IN Psicoterapia, Counselling, Fenomenologia
Agli operatori d’aiuto capita sempre più spesso di avere a che fare con clienti in età avanzata, casi in cui la situazione è molto diversa rispetto a quella con i clienti giovani. Questi ultimi hanno un periodo di tempo lungo e articolato davanti, nel quale dipanare progetti di ogni tipo, ma a una certa età il problema non è più fare progetti: se la vita umana è sempre una composizione di in-tenzione e contemplazione, l’ultima parte della vita in genere pende di più verso la contemplazione.
Per capire la logica di questo discorso aiuta il concetto di spazio transizionale elaborato da Winnicott, che oltre lo spazio interno e quello esterno individua uno spazio mediano che non è del tutto interno né del tutto esterno, ed è il luogo che viene abitato dagli oggetti transizionali, come sono per esempio i giocattoli, il cui senso non è autonomo ma riposa in un investimento da parte della persona che ci gioca. Lo stesso discorso vale per le parole: se all’interlocutore non fanno senso, smettono di avere un peso.
La differenza radicale e fondamentale fra la realtà interna e quella esterna è il tema della reversibilità: la realtà del mondo interno è reversibile, mentre quella del mondo esterno è irreversibile. Se si fa una fantasia, si può disfare e costruirne un’altra, se invece si cuoce un uovo non si può farlo ridiventare crudo: è uno dei miliardi di esempi che si possono fare. La realtà transizionale sta nel mezzo: un giocattolo se si rompe non si può tornare indietro, si può solo aggiustare come tutte le cose del mondo esterno, ma l’investimento di interesse è completamente reversibile.
Mondi reversibili e mondo irreversibili sono contigui e sovrapposti, ma vanno riconosciuti nella loro differenza perché sono regolati da leggi distinte: si può scrivere affermando qualcosa di orribile e poi ritrattare e magari chiedere scusa, ma non si può assassinare qualcuno e poi semplicemente pentirsi per tornare alla situazione di prima. Quello che si fa nel mondo irreversibile non si può riportare indietro: si può solo agire ulteriormente, in modo da compensare concretamente le proprie azioni.
Contemplare è vedere oltre il materiale, vedere l’insieme che è più della somma delle parti e che è invisibile e ineffabile, e può essere solo evocato dalle metafore. Contemplativo è l’umore poetico, quando si vede più là di quello che c’è: si dice “l’arte per l’arte”, la contemplazione non serve al mondo concreto, ma procura senso alla vita.
Nel mondo della reversibilità si può fare qualunque cosa: un esempio chiaro è il teatro, dove le tragedie più terribili finiscono con la fine dello spettacolo. È questo il significato di spazio transizionale: Schakespeare può toccare gli abissi della disperazione senza che questo comporti problema allo spettatore. Nella stessa maniera la televisione porta qualunque esempio di orrore nella tranquillità quotidiana, senza che nemmeno i bambini si agitino: è evidente a tutti che quello che si sta guardando “non è vero”, malgrado che evochi le emozioni che provoca il mondo concreto, anche se a minore intensità.
Una volta le emozioni della guerra erano offerte al pubblico in tempo di pace nel Colosseo, dove si macellavano fra loro persone senza importanza come gli schiavi. La tranquillità del popolo romano era garantita dall’altezza delle gradinate, dalla presenza di legionari di guardia e dalle mura altissime del Colosseo, ma i diritti umani dei gladiatori erano ignorati. Oggi non si tollererebbe più qualcosa del genere, perché per quanto ancora selvaggia l’umanità un po’ è progredita socialmente, ma la crudeltà teatrale non impressiona nessuno, perché ormai è evidente la differenza tra rappresentazione (reversibile) e azione (irreversibile).
Da questo si deduce insomma che il mondo transizionale, il mondo dell’espressione, è sufficientemente innocuo per poter muoversi dentro a piacere, e per sperimentare tranquillamente qualunque cosa, buona, cattiva, bella brutta, vera e non vera. È sufficientemente innocuo per procedere da una cosa buona a una cosa cattiva senza sapere dove si va a finire, e cominciare da qualunque bruttezza andando chissà dove, perché solo una volta finito il viaggio si può fare i conti sulla bellezza.
Con questo il futuro si apre: il problema di chiunque è stare attento a non fare cose brutte e cattive, ma per evitare questo la maggior parte delle persone non fa mai cose nuove, cioè non assodate dalla tradizione della cultura a cui appartiene. Se si ha molta fortuna, quello che si è ereditato basta per amministrare decorosamente la propria vita: nella maggior parte dei casi invece non è così, e allora bisogna o fare cose nuove o contentarsi di quello che si riesce a ottenere con gli strumenti che si ha.
Pur di non affrontare il nuovo una parte piccola dell’umanità si dedica ad attività criminali, con cui ottiene quello che gli serve rimanendo nel quadro dei comportamenti tradizionali: rubare e ammazzare è legittimo in guerra, e basta dichiarare guerra ai propri concittadini per trovare plausibili queste attività.
Tornando alla richiesta di aiuto dei clienti in età avanzata, il problema è che in genere non hanno una prospettiva che si possa risolvere in un fare, a parte il fare quotidiano: resta però l’infinita area dell’immaginazione, dove possono “fare” di tutto, buono cattivo bello e brutto, ma soprattutto non vero! Questa è la grande offerta dell’immaginazione, che non si viene fermati dalla verità. Se uno si chiedesse a che serve immaginare cose non vere, bisognerebbe che si rendesse conto che questo è il prodotto della civiltà: la scienza immagina cose che fino ad allora non erano vere, l’arte crea forme che prima di essere create non erano vere. L’immaginazione è lo strumento chiave per aprire le porte al futuro, alle infinite possibilità e all’avventura straordinaria della vita umana, che possiede oltre a quello che già hanno gli altri animali, anche la grande dote appunto dell’immaginazione!
Altro elemento fondamentale dell’immaginazione è il fatto che si tratta dello strumento chiave per la contemplazione: se l’intenzione è afferrare il mondo con gli occhi, l’immaginazione è lasciare che il mondo entri negli occhi, vale a dire lasciare che diventi più di quello che si vede. Per ottenere questo bisogna che accanto a quello che si vede si lasci apparire quello che arriva per via di somiglianza, insomma che mentre si guarda si immagini, e si veda quello che gli occhi vedono insieme a quello che l’immaginazione vede, e in questa maniera il mondo fiorisce all’infinito e si può contemplare senza stancarsi mai.
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