IL LAVORO CON IL BAMBINO INTERIORE. UNA VISIONE POETICA.

Anna Rita Ravenna

di Anna Rita Ravenna
Psicoterapeuta – Direttore scientifico Istituto Gestalt Firenze

Pubblicato sul numero 23 di  Formazione IN Psicoterapia, Counselling, Fenomenologia.

Abstract: Nella pratica gestaltica “integrare” evoca un processo che ha lo scopo di far emergere il “vero Sé”. Si tratta di una pratica che fa uscire dall’ombra, dal silenzio e dà voce alle diverse istanze interiori, alle diverse funzioni dell’Io in relazione all’emergere dei bisogni attuali. Questa pratica agevola il fluire del passato nel presente nella sua moltiplice complessità ed aiuta a fare scelte aderenti al qui ed ora della esistenza. Il lavoro gestaltico mira a riattivare nell’adulto il dialogo con il bambino interiore fondandosi sull’assunto che la nostra personalità sia formata da una pluralità di “sé”, tra i quali la parte bambina, che accompagnerà la persona per l’arco dell’intera vita.

Abstract: In gestalt practice to “integrate” means s to bring out the “true Self”. It is a practice that brings us out of the shadows, out of the silence and gives voice to the different inner needs, to the different functions of the ego in relation to the emergence of current needs. This practice facilitates the flow of the past into the present in its multiplicity of complexity and helps to make choices that adhere to the here and now of existence. Gestalt work aims at reactivating in the adult the dialogue with the inner child based on the assumption that our personality is formed by a plurality of “selves”, among which there is the child part, which will accompany the person for the arc of the entire life.

Keywords: integrazione, poesia, bambino, trauma, dissociazione.

La mia anima è una misteriosa orchestra;
non so quali strumenti, suoni e strida dentro di me:
corde e arpe, timpani e tamburi.
Mi conosco come una sinfonia.
Ognuno di noi è più d’uno,
è molti, è una prolissità di se stesso.”

Sii plurale come l’universo

L’unico mondo reale (è) il mondo
come la sua sensazione glielo restituisce…

Non mi scordo mai che provo sensazioni

Pensare è agire

E’ tra la sensazione e l’esserne coscienti
che accadono tutte le grandi tragedie della mia vita

Esistere è stupido e banale

L’essenziale del piacere è lo sdoppiamento

Da parte mia non ho mai avuto convinzioni.
                            Ho sempre avuto impressioni

Un organismo forma un tutto sintetico!
Che non è la pura somma delle parti che lo compongono

 

Nelle opere di Fernando Pessoa ho sempre trovato inimmaginabili nessi con la mia pratica professionale in psicoterapia della Gestalt. Durante queste letture mi ha accompagnato una profonda commozione per la sublime poesia di ogni frammento, frase o verso che fosse, e, per dirlo con le sue parole sento che: “…colui che, morendo, ha lasciato scritto un solo verso bello ha reso i cieli e la terra più ricchi e più emotivamente misterioso il fatto che esistano gente e stelle”1.
Antonio Tabucchi, lo scrittore al quale dobbiamo la diffusione di Pessoa in Italia, definisce la sua opera “patologia e insieme terapia della solitudine”2. Se per patologia intendiamo malessere e per terapia trasformazione è chiaro che tutta l’opera di Pessoa è l’eredità che riceviamo da un uomo che ha vissuto coerentemente con il suo sentire trasformandolo in sogno, immaginazione e arte secondo la sua affermazione: “Sii plurale come l’universo!”3 e senza per questo esimersi dalla squallida banalità della vita quotidiana.
Pessoa stesso intitola un suo libro “Una sola moltitudine” riportando testi scritti sotto diversi eteronimi espressi simultaneamente, come se questi fossero parti dissociati di una sola persona. Ma a cosa si riferisce la polarità dissociato-integrato? Nella pratica gestaltica “integrare” evoca un processo che non ha lo scopo di rendere monolitico l’Io o di far emergere il “vero Sé”. Si tratta piuttosto di una pratica che fa uscire dall’ombra, dal silenzio e dà voce alle diverse istanze interiori, alle diverse funzioni dell’Io in relazione all’emergere dei bisogni attuali.
Questa pratica agevola il fluire del passato nel presente nella sua moltiplice complessità ed aiuta a fare scelte aderenti al qui ed ora della esistenza. L’essere umano è un luogo misterioso per conoscerlo occorre avventurarsi nella “foresta delle paure” con la convinzione di poter sopravvivere alle possibili frustrazioni e/o alla gratitudine e apprezzamento per la realizzazione dei desideri. Prendendo in prestito alcuni concetti dalla fisica potremmo dire che è come se questo supposto Io monolitico, questo “vero Sé”, fosse sottoposto a continui processi si diffrazione, di rifrazione, di riflessione che, se colti, permettono di lasciare venire in figura quello che Erving Polster chiama “A population of selves”. Si tratta di praticare la dissociazione consapevole permettendosi di vivere le diverse esperienze come nuclei di diversità integrati dal semplice fatto di essere dialogicamente presenti in una stessa persona4.
Questa naturale complessità degli esseri umani è spesso contraddittoria, a volte in modi sfumati e ambigui altre volte in modi espliciti e dirompenti. Fernando Pessoa dice della teoria neoclassica del suo eteronomo Ricardo Reis“(decisi di ) svilupparla secondo principi che non accetto né condivido” e fa dire ad un altro eteronomo, Alvaro De Campos, “Reis … lo apprezzo più di molti, moltissimi altri (poeti)”.
E’ nell’apprezzamento di differenze che spesso appaiono contrapposte che trova senso il lavoro con il “bambino interiore”
La metafora del bambino interiore evoca quanto di prezioso, imperfetto, curioso, inesperto, vulnerabile e dipendente vive in noi stessi e trova le sue radici nella prima infanzia.
Il contesto nel quale un bambino nasce e si sviluppa è sicuramente multidimensionale ma, nei primissimi anni, è sostanzialmente definito dagli adulti con ruolo di care givers5. Questi adulti non cesseranno di essere le figure di riferimento non solo negli anni della convivenza, ma per l’intero arco di vita. Le caratteristiche di queste relazioni primarie rischiano automaticamente , senza alcuna consapevolezza, di essere messe in atto nelle situazioni relazionali intrapsichiche e intersoggettive della vita adulta.
Lo sviluppo di un bambino può essere considerato un processo di attualizzazione delle sue potenzialità che prende forma attraverso il contatto con i propri bisogni, l’esperienza della loro soddisfazione o frustrazione e il conseguente adattamento creativo alla situazione ambientale nella quale è nato, l’unica nella quale può sopravvivere e vivere. Sia i genitori che le altre persone che si prendono cura del bambino si muovono all’interno dei limiti del loro essere “umani”. L’inadeguatezza delle cure genitoriali nasce dal limite e deve essere data per scontata sia per la presenza di bisogni contrastanti tra il bambino ed il suo ambiente (persone ed eventi interni ed esterni alla famiglia) sia per la umana fallibilità degli educatori.
Nell’infanzia la necessità di essere amato per poter sopravvivere porta con sé la confusione del sentimento d’amore con comportamenti adattivi alle richieste genitoriali e la relativa repressione/negazione delle emozioni che sempre accompagnano sia la percezione di bisogni e desideri sia la loro frustrazione o soddisfazione.
All’interno di questo processo il bambino vive esperienze di maltrattamento e di squalifica legate ad abusi non sempre consapevoli e manifesti non solo a lui ma, a volte, anche alle persone che li mettono in atto. Questi abusi, se protratti nel tempo, creano vissuti di profonda auto-squalifica.
Il comportamento abusante degli adulti, e non solo di essi, viene giustificato dal bambino dal sentimento della propria inadeguatezza trasformato in mancanza di valore e, sin dai primi tempi di vita, consolida questo vissuto in un tratto caratteriale stabile.
Il sentimento di inadeguatezza, così radicato nel vissuto personale, a volte è dovuto a violenze ed abusi espliciti e ripetuti in aree significative della vita relazionale come accade per i bambini vittime di abusi sessuali o di abituali punizioni emotivamente e fisicamente violente. Altre volte si tratta di più sofisticati abusi psicologici: difficile per il bambino rendersene conto prima ancora che contrastarli visto che ha bisogno di mantenere integra la fiducia verso gli adulti di riferimento, necessari intermediari tra lui ed il mondo.
Il lavoro gestaltico mira a riattivare nell’adulto il dialogo con il bambino interiore fondandosi sull’assunto che la nostra personalità sia formata da una pluralità di “sé”, tra i quali la parte bambina, che accompagnerà la persona per l’arco dell’intera vita.
La funzione del dialogo interiore è orientata verso l’unico cambiamento ritenuto possibile dalla Psicoterapia della Gestalt: “accettare di essere la persona che si è”. Riconoscere la voce, i gesti, le emozioni dell’infanzia ed imparare a relazionarsi con loro vuol dire ridare dignità ad istanze interiori tenute prigioniere nello sfondo e, quindi nevroticamente gestite (Gestalt incompiute). Possiamo immaginare il bambino interiore come la parte curiosa, gioiosa e creativa, ma anche spaventata, vergognosa, addolorata che oggi può essere aiutata a far esperienza ed esprimersi accompagnata dalla benevolenza della componente adulta, quindi esperta nel mondo.
Essere adulto significa non dipendere più dagli altri e dai loro interessi contrastanti con i propri. L’adulto ha tuttavia la necessità di trovare un adattamento creativo con l’ambiente tra diverse istanze intrapsichiche e relazionali; rispettare le diverse parti di sé rende più ricca la personalità e agevola l’esperienza di interdipendenza sociale fondandola sul libero arbitrio e l’assunzione di responsabilità.
La polarità bambino interiore–adulto non può risolversi quindi in comportamenti automatici appresi nell’infanzia in quanto attualmente disfunzionali e spesso fondati sulla negazione o la repressione dei bisogni della polarità più debole. Un funzionale e ampio senso di sé si fonda sulla possibilità di integrare come nuclei di diversità parti alienate o fraintese: infantile, ribelle, ambiziosa, timorosa, tenera, scaltra, bugiarda …
Il lavoro gestaltico mira a comporre questo apparente contrasto attraverso il riconoscimento della dignità di entrambe le parti in una relazione reciprocamente benevolente ed in un confronto empatico che porti ad uno scambio creativo integrante.
Tutta l’opera di Fernando Pessoa è un work in progress volto ad integrare le differenze nel senso appena specificato così come lo è la vita per ogni essere umano.
La “vita vale quanto più la si gode quanto più la si inventa” e Pessoa l’ha voluta inventare fino a limiti per me impensabili prima di leggere la sua opera malgrado abbia alle spalle tanti anni di attività come psicoterapeuta.

NOTE:

1 F. Pessoa,  Una sola Moltitudine,  vol. I, Adelphi, Milano, 1979

2 P.  Schwarz Lausten,  L’uomo inquieto: identità e alterità nell’opera di Antonio Tabucchi, Etudes Romanes 58, 2005

3 F. Pessoa, cit.

4 G. P. Quattrini, in corso di stampa

5 J. Bowlby , Attachment, Hogarth, London, 1969, trad. it. L’attaccamento alla madre, Boringhieri, Torino, 1972. J. Bowlby, Separation: Anxiety and Anger, Hogarth, London, 1973, trad. it. La separazione dalla madre, Boringhieri, Torino, 1975

Please cite this article as: Anna Rita Ravenna (2013) IL LAVORO CON IL BAMBINO INTERIORE. UNA VISIONE POETICA.. Formazione IN Psicoterapia, Counselling, Fenomenologia. https://rivista.igf-gestalt.it/rivista/il-lavoro-con-il-bambino-interiore-una-visione-poetica/

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