I PROBLEMI ALCOLCORRELATI: I 12 PASSI E LA TERAPIA DELLA GESTALT, DUE METODI A CONFRONTO

Abstract

Abstract: Lo scopo di questo articolo è quello di trovare dei punti di contatto fra il pensiero che guida Alcolisti Anonimi e la terapia della Gestalt, nella convinzione che affiancare questi due approcci possa portare beneficio ai pazienti con problemi alcolcorrelati. Gestalt e A.A. sono due realtà che anche se provenienti da contesti epistemologici differenti, riteniamo possano integrarsi e potenziarsi l’un l’altra. Abstract: The purpose of this article is to find points of contact between the thought that guides Alcoholics Anonymous and Gestalt therapy, in the belief that combining these two approaches can benefit patients with alcohol-related problems. Even if Gestalt and A.A. are two realities coming from different epistemological contexts, we believe they can integrate and strengthen each other. Keywords: Alcolisti Anonimi, dodici passi, disturbo alcolcorrelato, dipendenza, Gestalt, gruppo.

Daniele Benedetti et al.

di Daniele Benedetti, Ilaria Londi, Cinzia Colzi, Tiziana Fanucchi, Gabriele Magri e Valentino Patussi.
Centro Alcologico Regionale Toscano – AOU Careggi.

Pubblicato sul numero 26 di  Formazione IN Psicoterapia, Counselling, Fenomenologia.

Abstract: Lo scopo di questo articolo è quello di trovare dei punti di contatto fra il pensiero che guida Alcolisti Anonimi e la terapia della Gestalt, nella convinzione che affiancare questi due approcci possa portare beneficio ai pazienti con problemi alcolcorrelati.
Gestalt e A.A. sono due realtà che anche se provenienti da contesti epistemologici differenti, riteniamo possano integrarsi e potenziarsi l’un l’altra.

Abstract: The purpose of this article is to find points of contact between the thought that guides Alcoholics Anonymous and Gestalt therapy, in the belief that combining these two approaches can benefit patients with alcohol-related problems.
Even if Gestalt and A.A. are two realities coming from different epistemological contexts, we believe they can integrate and strengthen each other.

Keywords: Alcolisti Anonimi, dodici passi, disturbo alcolcorrelato, dipendenza, Gestalt, gruppo.

 

Introduzione.

Lo scopo di questo articolo è indagare i punti di contatto tra il pensiero guida di Alcolisti Anonimi (A.A.) e l’approccio Gestaltico, nella convinzione che affiancare questi due approcci possa portare beneficio al paziente con problemi alcolcorrelati. Inoltre riteniamo che la conoscenza specifica delle realtà di auto aiuto possa essere una risorsa per i terapeuti che lavorano con pazienti con problematiche legate al bere.
Nella prima parte dell’articolo è trattata sommariamente la storia di A.A., successivamente verranno trattati i dodici passi che guidano il percorso dell’individuo all’interno dei gruppi degli A.A. affiancati all’approccio gestaltico, con lo scopo di fornire ai terapeuti alcune linee guida utilizzabili nel processo di presa in carico di questi soggetti.

 

Gli Alcolisti Anonimi.

Nato nel 1935 negli Stati Uniti dall’incontro tra due alcolisti che avevano smesso di bere e cercavano di mantenere la propria sobrietà, A.A. si è poi diffusa in oltre 160 Paesi. Basato sui principi e l’ideologia dell’Oxford Group, un movimento luterano il cui fine è la rinascita spirituale dell’umanità attraverso la condivisione, il mutamento e la conversione.
Si tratta di un gruppo costituito da persone dipendenti dall’alcol con il fine di aiutarsi reciprocamente per superare la dipendenza. L’obiettivo dei partecipanti di A.A. è quello di cambiare il proprio comportamento attraverso il sostegno reciproco e l’empowerment del gruppo.
Il percorso si fonda sulla condivisione e riflessione delle proprie esperienze all’interno del gruppo definito di auto mutuo aiuto. La partecipazione è volontaria senza obblighi né limiti. Ognuno è invitato a parlare di se stesso e delle proprie esperienze. Nelle riunioni è presente un membro del gruppo che funge da segretario e che coordina gli interventi dei partecipanti. Per poter partecipare ai gruppi è sufficiente avere il desiderio di smettere di bere. L’aggettivo “anonimo” non ha a che fare con il vero e proprio anonimato, seppur nel gruppo la prima regola è quella di non diffondere all’esterno nomi o situazioni portate a discussione dai membri, ma sta a significare che davanti all’alcol siamo tutti uguali, senza differenza di ceto, di lavoro o di conto in banca.
Il servizio che gli alcolisti anonimi compiono volontariamente e gratuitamente è parte integrante del loro percorso di recupero ed ha lo scopo di portare un messaggio di cambiamento. I membri sobri mettono la loro esperienza a disposizione del nuovo arrivato, che acquisisce così la consapevolezza di poter smettere di bere. Il percorso di recupero di A.A. è finemente strutturato in una serie di passi che la persona deve compiere per giungere alla sobrietà e al benessere. Questo percorso è noto come “metodo dei 12 passi e delle 12 tradizioni”. Il percorso è rivolto alla cura e non alla prevenzione dei problemi alcol correlati.

 

La terapia della Gestalt e Alcolisti Anonimi.

L’approccio gestaltico non è ritenuto d’elezione per il trattamento dei pazienti alcoldipendenti, i quali presentano maggiori difficoltà di altri ad entrare in contatto con le proprie emozioni e ad assumersi le proprie responsabilità, temi centrali della terapia gestaltica. Bisogna considerare infatti, che il paziente che continua a fare uso di alcol o che è all’inizio del suo percorso verso la sobrietà, ha una serie di difficoltà dovute a tutti gli anni di eccessivo uso della sostanza che necessitano di tempo per essere superate. In alcologia è perlopiù condivisa la consapevolezza che le persone che frequentano, oltre che il percorso terapeutico-clinico, anche un gruppo di aiuto aiuto (A.A.) o le comunità multifamiliari dei Club Alcologici Territoriali (altra associazione che svolge un compito analogo ad A.A. e che vedremo meglio dopo), abbiano meno ricadute e stati di sobrietà più consistenti e persistenti. Queste due associazioni, A.A. e Club Alcologici Territoriali, sono una risorsa importante per i pazienti, i loro familiari e per gli psicoterapeuti. Infatti il paziente che frequenta il gruppo d’auto aiuto permette al terapeuta di lavorare su tematiche che vanno oltre il sintomo.
In questo articolo ci siamo voluti concentrare sulla metodologia di A.A. tralasciando le altre forme di aiuto. Come abbiamo già accennato A.A. segue il metodo dei dodici passi in cui il paziente intraprende tutto un percorso ben delineato per raggiungere la sobrietà; per chiarezza espositiva qui abbiamo ritenuto necessario suddividere il processo di aiuto e/o di presa in carico dell’alcoldipendente in 3 fasi:
1. La prima fase prevede l’analisi del comportamento del bere, nel tentativo di interromperlo e considerare le conseguenze fisiche, psichiche e sociali, in un’ottica di aiuto e rinforzo in assenza di giudizio. Questa prima fase trova corrispondenza con i passi 1^-2^-3^ degli A.A.
2. La seconda fase prevede il focus sui “nodi” psicologici sottostanti al comportamento del bere (4^-5^-6^-7^ passo).
Fino a quando la persona non raggiunge l’astinenza non è possibile lavorare sulla problematica perché manca di esame di realtà. E’ questa la fase centrale del percorso, e dove il gruppo di A.A. svolge una funzione di rispecchiamento e di sostegno
3. La terza fase può essere definita di stabilizzazione e mantenimento del recupero (8^-9^-10^-11^-12^).
Di seguito analizzeremo queste tre fasi, citando i “dodici passi e dodici tradizioni” (Il Grande Libro di A.A., U.S.A. 1979) affiancandole con concetti più propriamente gestaltici che è possibile integrare sviluppando così una visione più ampia sulle problematiche e patologie alcol correlate.

Fase 1
Abbiamo ammesso di essere impotenti di fronte all’alcol e che le nostre vite erano divenute incontrollabili.
Siamo giunti a credere che un Potere più grande di noi potrebbe ricondurci alla ragione.
Abbiamo preso la decisione di affidare le nostre volontà e le nostre vite alla cura di Dio, come noi potemmo concepirlo.
Gli A.A. considerano l’ammissione di impotenza come primo passo verso la sobrietà: il nuovo membro inizia ad accettare l’idea di essere alcoldipendente e la necessità di affidarsi a qualcuno ammettendo la propria impotenza di fronte all’alcol, l’impossibilità di gestirlo, e che la sua vita, proprio a causa dell’alcol, sta divenendo o è già divenuta incontrollabile, con conseguenze devastanti nell’ambito familiare, professionale, economico e sociale.
Entrando nel gruppo la persona comincia a rompere l’isolamento in cui il consumo di alcol, la vergogna e il senso di colpa lo avevano confinato e ad avere fiducia nei suoi “nuovi amici”.
Questi primi tre passi degli A.A. rafforzano l’idea che il cambiamento è possibile ma che è necessario fare appello a un potere fuori da se stessi, un potere che trascende l’individuo stesso (il gruppo). Questa concezione incoraggia a prendere coscienza dei propri limiti nel qui ed ora che è considerato un passo necessario verso l‘indipendenza e la responsabilità personale. La responsabilità, punto centrale della terapia Gestaltica (etimologicamente “abilità di rispondere”) nell’ottica fenomenologico-esistenziale è intesa come l’essere disponibile a pagare il costo di quello che si è fatto, che non è altro che la capacità di scegliere consapevolmente (Quattrini G.P., 2011). L’accettazione dell’impotenza di fronte all’alcol intesa in questo modo diviene un atto di responsabilità; un suicidio narcisistico che porta il paziente a rinunciare all’immagine positiva di se, per assumere una posizione più scomoda (frattura interiore) da cui è possibile però muovere verso altre direzioni.
É evidente anche dalla forma grammaticale utilizzata in questi primi tre passi che per A.A. è fondamentale il gruppo. L’uso del pronome “noi” anziché “io” con cui sono scritti i dodici passi è funzionale a far sentire la persona come parte di qualcosa di più grande. Nella relazione terapeutica individuale il paziente alcolista tende ad attuare una serie di manipolazioni volte alla protezione delle proprie condotte di consumo dannoso. Il gruppo degli A.A. oltre a supportare e dare energia al nuovo venuto, contrasta le manipolazioni che l’alcolista tende ad attuare. Nel gruppo infatti si sviluppano rapporti di interdipendenza fra le parti che sono in grado di agevolare od ostruire il costituirsi di determinati modelli di comportamento e di condotta (teoria del campo Lewin K., 1936). Il gruppo è più della semplice somma dei singoli elementi costitutivi e in questo senso diviene elemento trainante per uscire dallo stato di dipendenza. Il gruppo trascende l’individuo e ha un effettivo potere sulla persona che frequenta A.A. che può vedere nel gruppo stesso il “Potere più grande che può ricondurlo alla ragione” di cui si parla nel secondo passo.
Questo Potere può essere anche inteso come un risveglio della spiritualità con cui tutti possiamo venire in contatto. Possiamo trovare una certa vicinanza con l’approccio gestaltico che è spirituale senza utilizzare però una terminologia religiosa (Naranjo C., 2001). E’ noto che il risveglio della forza spirituale contribuisce al processo di guarigione e correla positivamente con i miglioramenti della terapia (Ludwig, A.M. 1985).
In un’ottica terapeutica risulta quindi importante aiutare la persona ad accettare l’idea di avere un problema con l’alcol, aumentare quindi la consapevolezza nel qui ed ora dei propri limiti e delle proprie risorse, e aiutarlo a seguire fedelmente il percorso scelto responsabilizzandolo rispetto alla propria vita. Durante questa prima fase molto spesso sono presenti vissuti depressivi dovuti alla mancanza della sostanza che prima fungeva da stampella, insieme a vissuti di paura. É importante quindi come dice Mazzoni (2003) che il lavoro terapeutico vada a rinforzare la scelta fatta dal paziente ad esempio concentrandosi su quello che si può guadagnare cambiando stile di vita o sviluppando la consapevolezza dello stato disperato in cui ci si trova o in cui si può finire. É importante anche ricordare che il percorso verso la sobrietà è comune al gruppo ma sebbene questo offra sostegno e incoraggiamento, è l’individuo che mantiene la responsabilità finale.
Secondo Perls il processo di guarigione è possibile nel momento in cui il paziente è disposto a ricollocarsi al centro della propria esistenza, recuperando il potere su se stesso e sui propri comportamenti, compresi gli aspetti disarmonici e contraddittori, assumendosi la responsabilità di quello che sta facendo, del modo in cui produce i suoi sintomi.
“Se ti assumi la responsabilità di quello che stai facendo, del modo in cui produci i tuoi sintomi, del modo in cui produci la tua malattia, del modo in cui produci la tua esistenza – al momento stesso in cui entri in contatto con te stesso allora ha inizio la crescita, ha inizio l’integrazione” (Perls F., 1969, p. 186). Sembra un paradosso ma molto spesso per un paziente alcoldipendente il modo più funzionale per poter recuperare il potere su se stesso è proprio partire dall’ammissione di non farcela da solo.

Fase 2

Abbiamo fatto un inventario morale profondo e senza paura di noi stessi.
Abbiamo ammesso di fronte a Dio, a noi stessi e a un altro essere umano, l’esatta natura dei nostri torti.
Eravamo completamente pronti ad accettare che Dio eliminasse tutti questi difetti di carattere.
Gli abbiamo chiesto con umiltà di eliminare i nostri difetti.
Si passa ora a una seconda fase, forse anche più delicata. Infatti, se è difficile smettere di bere, ancora più difficile è continuare a non bere, evitando quelle ricadute che spesso risultano dolorose per la persona stessa e per coloro che le stanno accanto. Attraverso l’autoanalisi e il confronto con una persona di propria fiducia, si procede ad una profonda e coraggiosa verifica di se stessi accettando le proprie caratteristiche sia positive che negative; con il Sesto e il Settimo passo il gruppo guida la persona verso un percorso di cambiamento basato sulla progressiva modificazione dei propri comportamenti, soprattutto di quelli che hanno causato maggior conflittualità con il mondo esterno e con se stessi.
L’idea di guardare dentro di sé, presente nel quarto passo, è di fondamentale importanza: questa indagine di sé dovrebbe portare prima all’accettazione di ciò che si è e condurre quindi al cambiamento. Secondo Lowen il cambiamento è possibile solo se parte con l’accettazione di sé: “la spinta principale data dalla terapia è l’aiuto a smettere di lottare contro se stessi. Questa lotta è autodistruttiva: esaurirà le energie della persona e non approderà a nulla” (Lowen A., 1980). In ottica gestaltica la teoria paradossale del cambiamento di Beisser (1970) afferma che solo accettando di essere ciò che si è, si può cambiare e anche Perls sosteneva che “Io sono quello che sono e non posso fare a meno di essere ciò che sono” (Perls F., 1969).
Il terapeuta può essere la persona più indicata con cui affrontare il quinto passo. È quindi importante che accetti senza giudicare i racconti del paziente e, come sottolineato anche dagli stessi A.A. (AAWS, 1976), che stimoli il paziente a concentrarsi sulla proprie responsabilità evitando che continui con accuse e/o rancore nei confronti di altri. Il paziente quindi va verso quello che in Gestalt è indicato come interiorizzazione del conflitto, il momento in cui si abbandona l’esterno per andare a concentrarsi su di se e quindi si accoglie ciò che è fuori come una polarità interna (Quattrini G.P., 2011). E’ grazie alla sintesi, o al compromesso, tra queste polarità che la persona può ritrovare un equilibrio interno.
In questa fase il paziente ricomincia a sentire tutta una serie di sensazioni ed emozioni che erano attutite e annebbiate dall’effetto dell’alcol quindi è molto probabile che insorgano sensi di colpa e di vergogna verso i comportamenti avuti durante i momenti di ebbrezza. Il gruppo degli A.A. è un’ importante risorsa per imparare a stare con queste emozioni spiacevoli che potrebbero indurre il paziente a ricadute o all’abbandono del percorso.
In questi passi è evidente l’idea del pentimento e della morale concetti al di fuori dell’ottica Gestaltica. Per quanto riguarda il pentimento può essere funzionale con alcuni pazienti in cui può suscitare una sensazione di “nuovo inizio” che è di forte sostegno per superare un momento del percorso che è soggetto a frequenti ricadute. C’è però da considerare che per tanti altri pazienti chiedere questo perdono è fortemente alienante e non permette di raggiungere la serenità desiderata (Le C. et al.,1995). E’ quindi importante cercare di sostituire o integrare il pentimento con la comprensione e in questo si può inserire la terapia Gestaltica. La comprensione di aver danneggiato se stessi e gli altri e in questo modo mantenere la responsabilità sull’individuo, piuttosto che affidarsi a forze esterne per espiare le proprie colpe. Con il riconoscimento del comportamento adottato si arriva spesso a una maggiore consapevolezza e accettazione di sé, consentendo così una crescita personale (Le C. et al., 1995). In una terapia fenomenologico-esistenziale è importante anche sostituire il concetto di morale con quello di etica. E cioè sostituire le regole imposte dalla società con un valore dato dall’esperienza dell’individuo. Non si tratta infatti di obbedire a leggi a cui si può obbedire benissimo anche con un comportamento poco etico. Il valore etico ha a che fare con l’esperienza e non è deducibile dalle regole; così come la bellezza di un quadro è un vissuto della persona e non è apprezzabile per considerazioni concettuali (Quattrini G.P., 2007).
In questa fase è importante che il terapeuta sia consapevole dell’alta probabilità di ricadute in cui incorrono questi pazienti. Nel percorso alcologico la ricaduta è parte integrante del cammino (Prochaska J.O. e Di Clemente C.C., 1986) infatti solo il 20% delle persone riesce a modificare in modo permanente le problematiche alcol correlate al primo tentativo (Merlatt G.A. e Gordon J.R., 1985). In genere durante i primi momenti di sobrietà i pazienti tendono ad abbassare la guardia riattuando comportamenti a rischio. Per questo il terapeuta se da una parte deve enfatizzare i primi successi del paziente dall’altra deve anche aiutarlo a diffidare del proprio senso di sicurezza e di potenza. Anche in questo caso la vicinanza del gruppo A.A. è importante ai fini di un più autentico esame di realtà.

Fase 3

Abbiamo fatto un elenco di tutte le persone cui abbiamo fatto del male e siamo diventati pronti a rimediare ai danni recati loro.
Abbiamo fatto direttamente ammenda verso tali persone, laddove possibile, tranne quando, così facendo, avremmo potuto recare danno a loro oppure ad altri.
Abbiamo continuato a fare il nostro inventario personale e, quando ci siamo trovati in torto, lo abbiamo subito ammesso.
Abbiamo cercato attraverso la preghiera e la meditazione di migliorare il nostro contatto cosciente con Dio, come noi potemmo concepirlo, pregandolo solo di farci conoscere la Sua volontà nei nostri riguardi e di darci la forza di eseguirla.
Avendo ottenuto un risveglio spirituale come risultato di questi Passi, abbiamo cercato di portare questo messaggio agli alcolisti e di mettere in pratica questi principi in tutte le nostre attività.

Questi passi sottolineano la fase di mantenimento e stabilizzazione del recupero: l’attenzione è focalizzata sul recupero delle relazioni con gli altri (Ottavo e Nono Passo); con il Decimo Passo la persona mette in pratica questo nuovo stile di vita; con l’Undicesimo, attraverso la meditazione e la preghiera, approfondisce il proprio percorso spirituale, incrementando un senso di appartenenza al mondo; con il Dodicesimo Passo comincia a diffondere la metodologia ad altre persone che potrebbero averne bisogno, mettendo inoltre in pratica nel quotidiano quei principi che sono stati appresi nei Passi precedenti.
In questa ultima fase è molto importante l’aiuto del terapeuta: “ora che l’alcolista ha smesso di bere dovrà affrontare la propria realtà, accettandola, smettendo così di farle guerra, e lavorare su di essa per migliorarla” (Mazzoni M., 2003). Azione è la parola chiave di questa fase e come affermano gli Alcolisti Anonimi: “la fede senza le opere è morta” (AAWS, 1976). Si tratta anche qui di aiutare la persona a sviluppare la propria consapevolezza, il proprio potenziale umano e la propria spiritualità, favorendo il percorso scelto, e sostenendolo senza aggravare la persona con i sentimenti di colpevolezza. Qui il paziente è sobrio e potrà quindi ricominciare a sentire tutte le emozioni, i desideri e le difficoltà che l’alcol aveva attutito. Il lavoro del terapeuta gestaltico è quello di favorire il contatto con queste emozioni e lavorare affinché riesca a sostenere anche le situazioni spiacevoli senza dover tornare a vecchie modalità. “Il pericolo più grande che il soggetto corre è quello di fermarsi, il sentirsi sicuri, il credere che il proprio stile di vita sia completamente cambiato”(Mazzoni M., 2003).

 

Discussione.

Nonostante esistano evidenti differenze fra A.A. e terapia Gestaltica, è importante, per il benessere del paziente, cercare un punto di incontro fra i due approcci piuttosto che sottolinearne le differenze. Se quindi è vero che l’approccio degli A.A. considera i problemi alcolcorrelati una malattia, deresponsabilizzando così il paziente (come il diabetico che non è responsabile del suo diabete) è anche vero che grazie a questo approccio il paziente è portato ad ammettere di non essere più in grado di gestire la situazione e quindi in qualche modo ad affrontare il problema. Anche se la visione dell’alcoldipendenza come malattia è supportata da diverse ricerche che mostrano come i fattori genetici abbiano un ruolo di rilievo sull’insorgenza di questo tipo di disturbo (Prescott C.A., Kendler K.S., 1999) questo non trova però un parere unanime nella comunità scientifica.
In ottica gestaltica dove si lavora per lo sviluppo del benessere piuttosto che per la cura, possiamo considerare un sintomo come un primo piano che ha perduto lo sfondo diventando così una fissazione che non riesce più a rientrare in una dinamica narrativa (Quattrini G.P., 2011 p.90). E’ evidente come uno sguardo più ampio che non si limiti alla sola figura/sintomo, possa permettere al paziente di ritrovare tutto quello sfondo di bisogni, interessi e desideri che a causa del troppo bere è andato perduto e per dare inizio ad una nuova trama nella propria vita. La cura, o meglio il prendersi cura dell’altro, consiste nell’aiutare a ri-stabilire, nutrire e lasciar evolvere il dialogo interno e relazionale della persona e, attraverso il contatto con le sensazioni, le emozioni, basi biologiche dei pensieri e delle azioni, arrivare alla conoscenza del possibile benessere (Ravenna 2008).
Sul territorio nazionale, oltre agli A.A., esiste un’altra metodologia di auto-aiuto definita dallo psichiatra croato Vladimir Hudolin sulla scia della psichiatria democratica di Basaglia. Nel 1979 viene costituito in Italia il primo Club degli alcolisti in trattamento, oggi chiamati Club Alcologici Territoriali, dove l’approccio al problema del consumo di alcol trova le sue radici nella comunità dove le persone vivono. Il consumo di alcol in questo approccio è considerato un problema del contesto di vita e di tutte le agenzie che lo animano: famiglia, ambiente di lavoro, scuola e luoghi per il tempo libero. Il gruppo nei Club Alcologici Territoriali è rappresentativo della comunità che lo ospita, è moderato dal “servitore insegnante” che è debitamente formato attraverso uno specifico corso di formazione (Corso di sensibilizzazione all’approccio ecologico sociale dei problemi alcolcorrelati e complessi), e il soggetto alcol dipendente partecipa al gruppo con tutta la famiglia.
Come sostiene Gabbard (2000) la dipendenza dall’alcol avviene in una persona e quindi ogni caso va trattato nella sua unicità. Diverse ricerche sottolineano che nessun tipo di terapia si rivela costantemente più efficace di altre, proprio perché l’alcoldipendenza non è un entità monolitica e non esiste una “personalità alcolista” che predispone all’alcolismo (Sutker P.B., Allain A.N., 1988). Nonostante sia importante rimarcare la soggettività dei pazienti alcoldipendenti è doveroso tenere in considerazione alcune fasi tipiche del percorso verso la sobrietà e il benessere. Sono tipici i sentimenti di vergogna e di paura durante le fasi iniziali mentre le depressioni e l’elaborazione di lutti nelle fasi più avanzate quando i pazienti arrivati alla sobrietà si guardano indietro e vedono i danni che il loro comportamento ha provocato a se stessi e alle persone che hanno, o avevano accanto. In questa fase sia il gruppo che il terapeuta, in un atteggiamento di sospensione del giudizio, possono far sentire alla persona la loro presenza nel qui e ora. È possibile così realizzare con l’altro un’esperienza di contatto, volta non all’eliminazione del senso di colpa, ma a rendere la colpa una responsabilità di vita e per la vita.

Conclusioni.
In questo articolo abbiamo voluto:
Sottolineare l’importanza del lavoro integrato terapeuta/gruppo d’auto-aiuto;
Dare uno strumento pratico ai terapeuti per lavorare con persone con problemi alcol-correlati;
Fare chiarezza su cosa sia il percorso dei 12 passi e 12 tradizioni;
Mostrare la particolarità dei problemi alcolcorrelati;
Evidenziare differenze e similitudini nei due approcci al problema.
Il terapeuta che prende in carico il paziente alcol-dipendente ha a sua disposizione il prezioso strumento dell’auto-aiuto che ci auguriamo esser riusciti a descrivere come un elemento di potenziamento dell’efficacia dei trattamenti, piuttosto che come una minaccia all’alleanza terapeutica e al percorso di sviluppo.

Bibliografia
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Gabbard G.O. (2000), Psichiatria psicodinamica, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2002.
Le C., Ingvarson E.P., & Page R.C. (1995), Alcoholics Anonymous and the Counseling Profession: Philosophies in conflict. Journal of Counseling & Development, 73, p. 603-609.
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Perls F.S. (1969), La terapia gestaltica parola per parola, Astrolabio, Roma, 1980.
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Quattrini P. (2007), Fenomenologia dell’esperienza, Zephiro Edizioni, Milano.
Ravenna A. (2008), Sensazioni ed emozioni: basi della conoscenza nel lavoro psicoterapeutico secondo il modello della Gestalt, Formazione IN Psicoterapia Counselling Fenomenologia, 12.
Sutker P.B., Allain A.N. (1988), Issues in personality conceptualizations of addictive behaviors., J. Consult. Clin. Psychol., 56, p. 172-182.

Please cite this article as: Daniele Benedetti et al. (2014) I PROBLEMI ALCOLCORRELATI: I 12 PASSI E LA TERAPIA DELLA GESTALT, DUE METODI A CONFRONTO. Formazione IN Psicoterapia, Counselling, Fenomenologia. https://rivista.igf-gestalt.it/rivista/i-problemi-alcolcorrelati-i-12-passi-e-la-terapia-della-gestalt-due-metodi-a-confronto/

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