Più di un bel gioco
Michele Puccioni – Coach, Posturologo
Pubblicato sul numero 42 di Formazione IN Psicoterapia, Counselling, Fenomenologia
Gestalt-Tennis come tecnica d’insegnamento, supporto psicoterapeutico ed attività psicosociale.
Introduzione
Partiamo dall’ovvio: a prescindere dalla loro età o abilità, i giocatori di tennis sono persone(1). Persone con vite spesso complesse, che portano in campo il loro inimitabile cocktail di esperienze emotive. Il loro obiettivo, condiviso con il maestro, è di migliorare nel gioco. Ma come qualsiasi maestro ha avuto modo di notare il loro ‘bagaglio’ emotivo può avere pesanti ripercussioni sugli sforzi a giocare meglio, che si tratti di principianti o di giocatori esperti.
In seguito alle mie esperienze in campo, ritengo che grazie ad un’applicazione estensiva della respirazione consapevole e ad esperienze di auto-consapevolezza indotte da un approccio Gestalt all’insegnamento del tennis(2), qualsiasi giocatore di club può migliorare il proprio gioco più velocemente e in modo più gratificante. Non solo, può anche trarre beneficio da nuova conoscenza emotiva che trascende il tennis e che può potenzialmente avere un impatto benefico sulla sua vita in generale. Suggerisco inoltre che questo metodo innovativo di condurre una lezione ha il potenziale per essere sviluppato in una piena attività psicosociale dove l’obiettivo primario è il benessere del giocatore, e dove regole e punteggio diventano praticamente insignificanti.
1) Gestalt-Tennis come tecnica d’insegnamento: la respirazione consapevole nel ‘qui ed ora’.
“Facciamo ancora respirazione per favore?” Dopo aver provato la respirazione consapevole nella nostra precedente sessione, è stato questo l’affamato saluto di D, uno dei miei giocatori migliori e spesso impegnato in sfide a livello di club. Una richiesta che, con la sua schiettezza, mi ha convinto a insistere su questa strada.
Respirare è notoriamente la principale esigenza fisica per la sopravvivenza, ancora più dell’alimentazione, e ne siamo spontaneamente capaci fin dai primi momenti di vita. È forse proprio per questo che la respirazione viene solitamente data per scontata, considerata una ovvietà a cui né il maestro né il giocatore prestano la minima attenzione. È solo molto avanti nella formazione agonistica di un tennista che si comincia a introdurre la respirazione diaframmatica, così riconoscibile (e a volte davvero fastidiosa!) tra i giocatori professionisti. Per principianti o giocatori amatoriali invece la consapevolezza e il controllo della propria respirazione non sono considerate delle abilità da sviluppare. Dare priorità alla respirazione è piuttosto associato allo Yoga o al Pilates, dove i movimenti del corpo sono collegati al ritmo ‘naturale’ della respirazione fin dalla prima lezione.
Il Gestalt-Tennis invece adotta pienamente tale principio, riadattandolo però alle specifiche caratteristiche del gioco. L’invito non è più a legare i movimenti alla respirazione ‘naturale’; al contrario, il giocatore viene esortato ad associare la respirazione ai ‘naturali’ movimenti del corpo in relazione al ‘qui e ora’ rappresentato dalla palla in arrivo e dalle intenzioni di gioco. Con ciò si intende più di uno sporadico e generico suggerimento ad inspirare in apertura della racchetta e ad espirare durante lo swing che colpisce la palla: la respirazione consapevole nel tennis incoraggia il giocatore ad adattare tempo, velocità, volume e profondità della propria inspirazione/espirazione ad ogni singola palla in arrivo, che in quest’ottica diviene un’opportunità di respirazione unica e irripetibile. In pratica, si invita a considerare ogni palla come un fiocco di neve: non ce ne saranno mai due esattamente identiche; e per essere colpita al meglio ognuna richiede una respirazione e un movimento magari molto simili ad altri, ma a guardar bene unici. In questo modo il giocatore è indotto a considerare la palla come un partner di respirazione, con benefici spesso immediati: guardarla attentamente in ricezione e preparazione diventa spontaneo, colpirla un momento di gioia e gratificazione. Per citare solo un paio di giocatori, ricevere la palla diventa ‘energizzante’, colpirla ‘liberatorio’.
In questa ottica, una lezione individuale inizia con un breve esercizio di respirazione simile a quello praticato in una classe di Yoga(3). Questo permette al giocatore di prendere consapevolezza della propria respirazione in relazione alle varie parti del corpo e di individuare eventuali tensioni a partire da piedi e gambe, e in particolare spalle, braccia, polsi. Questa procedura di pochi minuti (che una volta acquisita può essere praticata in autonomia anche prima di entrare in campo) stimola un contesto del ‘qui e ora’, con il successivo svolgimento della lezione impiantato su un fertile terreno di ‘sensazione’. Questo è un esempio pratico:
Giocatore: S; 11/6/21 Hackney Downs, campo 2.
Note: S è a livello intermedio, ha giocato con media continuità fino a 14 anni e ha ripreso a giocare molto recentemente. Questa è la nostra terza sessione, la prima in cui introduco la respirazione consapevole.
Esercizio di respirazione: “Sì, ho fatto Yoga”; S accetta facilmente la proposta di esercizio e sembra a suo agio.
Riscaldamento: dalla linea di servizio prima, poi dalla linea di fondo, il giocatore è invitato a concentrare l’attenzione sulla palla in arrivo e a sincronizzare la respirazione con apertura e chiusura della racchetta; il bersaglio è la parte profonda dell’area serv./campo. Il maestro mantiene lo scambio a un ritmo regolare, S respira adeguatamente ed è consistente nel colpire il bersaglio da entrambe le distanze.
Osservazione e analisi: dalla linea di fondo, lo scambio viene movimentato e S viene spinto indietro e lateralmente; in esecuzione del colpo, si evidenzia un irrigidimento delle gambe senza piegamento delle ginocchia, S perde il controllo dell’equilibrio dinamico e dello swing e pertanto consistenza; questo diventa l’obiettivo tecnico della lezione.
Insegnamento specifico e progressioni: dimostrazioni con piegamento delle ginocchia collegato con la fine dell’inspirazione/apertura; esercizi: parte specifica con palle facili e spostamento contenuto, poi progressioni su diritto/rovescio spingendo il giocatore indietro e lateralmente. Quando inizia ad avere un contatto troppo anticipato, si apre una piccola discussione sulla pausa tra inspirazione ed espirazione e su come questa può essere prolungata o abbreviata in modo da controllare il momento dell’espirazione/swing. Il giocatore migliora il tempo/punto di contatto.
Valutazione: alla fine della sessione S si dimostra soddisfatto: “Mi sono sentito molto più in controllo!”; mantenendo l’attenzione sulla respirazione, ha mostrato chiari segni di miglioramento in consistenza ed efficacia.
Per quanto non abbia ancora provato adeguatamente la sua efficacia sui bambini, l’adozione della respirazione consapevole da parte di giocatori adulti di qualsiasi livello ha prodotto finora ottimi risultati. Per esempio, dopo alcune sessioni di allenamento dedicate D ci riflette così:
“Inspirare in preparazione/apertura ed espirare nello swing ha avuto un impatto positivo sulla qualità di tutti i miei colpi, dal servizio ai colpi da fondo campo e pure le volée. Inspirare aiuta a portare dietro la racchetta in modo pieno e rilassato, mentre espirare ti dà quel po’ energia in più e facilita la chiusura del colpo […] In particolare questa tecnica di respirazione ha rafforzato il mio rovescio e ora mi sento sicuro di poter affrontare battaglie senza sbagliare o tentare colpi avventati per uscirne; ora è di solito il mio avversario a sentire la pressione e a cambiare tattica, mentre a me letteralmente non manca più il fiato.”
In un’altra testimonianza, che ricorda in modo chiaro e cinematografico la ‘zona’(4) così tanto ambita dai tennisti, il giocatore T1 descrive la sua prima esperienza di respirazione consapevole:
“La lezione di oggi mi è piaciuta molto. Stavo provando a spiegare la respirazione a un amico e l’unico esempio che ho trovato è la scena di Matrix dove Keanu Reeves rallenta tutto per evitare le pallottole. Solo che io provavo a colpire le palle, non ad evitarle…!”
Debbo riconoscere che i miglioramenti tecnico/tattici dei vari giocatori non sono stati registrati quantitativamente(5). Questo però non può oscurare un fatto: molti dichiarano apertamente che il loro gioco è migliorato, che la loro esperienza del colpo e la loro capacità di controllare la situazione sono migliorate, che il loro godimento del tennis in generale è aumentato. Benefici di non poco conto; eppure questo può essere solo l’inizio, perché la respirazione consapevole è la chiave per accedere a un livello più profondo della lezione.
2) Gestalt-Tennis come supporto psicoterapeutico: un approccio olistico e relazionale al coaching.
Come accennato sopra, il giocatore di tennis non professionista è una persona con una vita spesso complessa, e che comprensibilmente porta in campo molte ‘tensioni’ legate a dinamiche emotive esterne al campo(6). Questo non vuol dire che tutti i giocatori di tennis arrivino ad una lezione con qualche importante nodo emotivo da sciogliere, ma la realtà è che per molti è così, più o meno consciamente. In altre parole, sarebbe bello poter chiedere a J, T2 o V di dimenticarsi del figlio gravemente disabile, dell’infanzia e adolescenza abusata o delle difficoltà relazionali. Magari cercano nel tennis esattamente una via di fuga, un sollievo da quelle difficili esperienze. Peccato che il potenziale beneficio del tennis possa essere seriamente compromesso da tensioni scatenate proprio da quelle dinamiche da cui si vorrebbe ‘sfuggire’ mentre si gioca. Può darsi che tale ‘bagaglio’ emotivo abbia influito sull’esperienza del giocatore fin dagli inizi della sua esperienza tennistica. Sicuramente, come illustrato a breve, può pesantemente ridurre il suo godimento del presente. A questo proposito, va inoltre considerato che un giocatore può arrivare in campo con un pericoloso arsenale di auto-valutazioni e aspettative sul proprio corpo e abilità. Anche questo può facilmente influenzare negativamente il suo gioco, trattenendolo nel passato o proiettandolo nel futuro, facendogli così perdere letteralmente di vista l’essenza del tennis: il pieno contatto, qui e ora, con quella palla.
Sfortunatamente, in questi casi un banale invito a rilassarsi è semplicemente inefficace. Per affrontare queste dinamiche, il mio suggerimento è che l’insegnamento del tennis si avvalga direttamente di teoria e tecniche Gestalt con lo scopo di aiutare il giocatore a diventare consapevole di quelle ‘tensioni’, per poi tentare di sbloccarle. L’obiettivo primario del maestro rimane sempre di aiutarlo a migliorare il gioco. E qui si potrebbe argomentare che il suo equilibrio emotivo non è un problema dell’insegnante sportivo. Ma si può facilmente contro-argomentare che se tale equilibrio influisce direttamente sul suo tennis, allora ovviamente è un problema per il maestro. Questo è appunto il mental coaching, oggi così comune tra gli atleti di élite. Piuttosto, la domanda è: come può un maestro di tennis ‘standard’ aiutare un giocatore ‘standard’ a muoversi su questi piani intimi e delicati per provare a identificare prima, e gestire poi, una pressione emotiva che gli sta impedendo un pieno godimento del gioco? Come esemplificato dai due casi qui di seguito, la strategia principale è: lasciatelo fare a loro.
Giocatore: J; 19/7/21 Clissold Park, campo 4.
Note: J è un giocatore occasionale ma ambizioso tornato in campo recentemente dopo un infortunio. L’obiettivo della sessione è di facilitare il suo rientro.
Note del giocatore: “Molta voglia di giocare oggi nonostante il gran caldo. Appena iniziato mi sentivo teso e preoccupato da eventi esterni. Mi sono anche completamente dimenticato cosa avevamo praticato la settimana prima: respirazione controllata. Di conseguenza mi è venuto il braccino e la palla andava da tutte le parti. Molto fastidioso. Ci siamo fermati e abbiamo discusso il fatto che ero teso e mi hai ricordato di inspirare ed espirare quando si colpisce la palla. Il miglioramento è stato immediato e per i 20 minuti successivi credo di aver giocato molto bene e mi sono davvero divertito. Verso la fine della lezione abbiamo giocato qualche punto e a volte mi è mancata la respirazione e il mio tennis peggiorava.
La lezione: respira per bene, c****!”
Note personali: J inizia con consistenza molto bassa; appare molto rigido particolarmente sul diritto con spalla bloccata e gomito piantato nel fianco, con uno swing molto contratto. Decido di mordermi la lingua e di lasciare spazio a tutti i suoi grugniti e feroci autocritiche. In pausa, ci avviciniamo e J dice “mi sento molto teso”. Gli chiedo “secondo te perché?” e inizialmente risponde “non lo so!”. Dopo un paio di secondi però aggiunge “Questa settimana XXXX viene operato” (Il figlio disabile). Siamo d’accordo che quella è una ragione più che valida per sentirsi tesi; facciamo poi una veloce chiacchierata sulla respirazione, J torna a fondo campo e per il resto della sessione colpisce molto meglio in termini di consistenza/profondità, e appare molto più rilassato in volto. Nella parte finale suggerisco di mettere la palla in gioco con il servizio. J lo interpreta come ‘fare partita’ e perde respirazione e consistenza.
Giocatore: T2; 29/6/21, Clissold Park campo 8.
Note: giocatore intermedio che vuole fare partita visto che è l’ultima sessione prima di una lunga pausa nelle lezioni.
Note del giocatore: “Sono arrivato e abbiamo giocato un mini-set. Da qualche parte mi sentivo ansioso. Volevo dare una buona prova di me e del mio gioco, ma a parte due o tre colpi ho giocato male. Ad essere sinceri non era molto diverso da come gioco di solito. Non mi sono divertito e non provavo nessun piacere nel colpire la palla.
Abbiamo iniziato a parlare del set. Mi hai detto come sembravo teso mentre giocavo. Ti ho detto che la sentivo come una battaglia: tutti i muscoli tirati, pronto a difendermi, con movimenti scattosi per colpire. Mi hai detto che il tennis ha effettivamente qualcosa di una battaglia: un confronto faccia a faccia con l’avversario, arma in mano, il vincitore prende tutto. Ripensandoci, anche il linguaggio ‘colpire’ e ‘colpo’ hanno un’eco di violenza. Abbiamo poi parlato di come si può ‘sovra-pensare’ il gioco e ti ho ricordato della mia infanzia e adolescenza: di come ero sempre pronto a fare a botte; in qualche modo il tennis rivela quella parte del mio carattere. Mi hai detto ‘deve essere faticoso!’. Il tuo riconoscere che il tennis può sembrare una battaglia tra gladiatori è stato utile perché mi ha fatto capire che il modo in cui gioco è sproporzionato ma non folle. Poi abbiamo parlato della respirazione – e quanto me la dovevo ricordare! Giocare dovrebbe essere un piacere e me la dovrei godere. Ripensare a questo, e riflettere che il tennis non è davvero una battaglia, mi ha permesso di cambiare approccio al set successivo. La mia reazione istintiva aveva bisogno di essere controllata e, credo, sfruttata a mio vantaggio.
Quando abbiamo ripreso a giocare mi sono ricordato di respirare, di aprire i movimenti, di compensare la mia reazione naturale. Ero molto più sciolto, calmo e ho giocato così tanto meglio. Colpivo la palla veloce e precisa. Sentivo che la mia faccia era meno tirata e mi sono divertito. La differenza è stata enorme. Ora che l’ho scritto mi rendo conto di quante cose sono successe. L’incoraggiamento a riflettere sul come mi sento quando gioco a tennis mi ha permesso di capire perché mi sento così e di fare degli aggiustamenti.”
Alla richiesta di approfondire la sua associazione tra respirazione e piacere, T2 aggiunge:
“Che senso ha giocare a tennis se mi sembra di lottare per sopravvivere? Non ero in battaglia ma stavo giocando una partita, che mi avrebbe dovuto divertire. Quando si è in una rissa si prendono boccate d’aria quando si può, nel panico. In qualche modo, ricordarmi di respirare regolarmente, pienamente, a volte profondamente altre più brevemente ma di respirare, mi aiuta ad allontanarmi dalla mia reazione istintiva di essere in battaglia e a rilassarmi. È la respirazione che apre il mio movimento. La palla arriva, inspiro, la colpisco mentre espiro. Il mio colpo migliora. Sul diritto il braccio non si blocca più al contatto con la palla e la mano finisce sopra la mia spalla sinistra. La mano sinistra non si attorciglia più attorno al corpo, ma si abbassa docilmente sul lato. E il colpo è MOLTO migliore. Comincio a sentirmi meglio, più felice: una sensazione liberatoria.”
Le dinamiche illustrate sopra sottolineano quanto sia cruciale considerare come un giocatore esperisce il colpo. Che valore emotivo attribuisce al tennis in generale e a quella palla in particolare? Che cosa gli rappresenta quel colpo? Quale dinamica è innescata da quella situazione di gioco, da quell’intenzione tattica? Dal provare semplicemente a vincere il punto? Ad esempio sfruttare un’agevole occasione, esemplificata da una facile volée, potrebbe essere proprio quello che il giocatore non riesce a fare nella vita.
Seguendo l’approccio Gestalt alla psicoterapia, è solo aiutando il giocatore a divenire consapevole e ad esplorare queste dinamiche che gli si rende possibile tentare di superarle. Nei due casi riportati sopra, i giocatori godono di un’esperienza positiva di controllo emotivo e risoluzione di problemi. Sentirsi meglio, più felici, liberati. Le parole di T2 si riferiscono a quanto è successo in campo, eppure ha ottenuto più che un miglioramento del gioco: ha identificato un’interferenza emotiva che gli impediva un pieno contatto in una particolare situazione di vita e ha trovato dentro di sé un modo per superarla. Questo è valore psicoterapeutico aggiunto, che può poi essere trasferito fuori dal campo.
Le affascinanti interazioni tra maestro e giocatore descritte nei due esempi sono sicuramente state facilitate da anni di collaborazione, ma lo stesso approccio può essere adottato, e lo è stato, con giocatori incontrati per la prima volta. Una simile prassi potrebbe sembrare troppo ambiziosa, ma in fondo si tratta solo di un pieno abbraccio ad alcuni principi ‘standard’ che mi hanno ispirato durante la formazione da maestro:
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“La lezione di tennis è un ‘noi’, maestro e giocatore”: qui il mio suggerimento è di potenziare tale relazione in un’esplicita ‘alleanza di lavoro’, una collaborazione per il cambiamento basata sulla confidenzialità, il chiaro intendimento che il tennis è uno sport ad alto coinvolgimento emotivo e che parlare delle proprie emozioni sarà normale durante le lezioni.
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“Non insegnare e basta, fai uscire le cose fuori dal giocatore, di solito ce le ha dentro – fin dal riscaldamento”: la tecnica illustrata sopra inizia con un esercizio di respirazione ancora prima del riscaldamento tradizionale; l’obiettivo è di rendere il giocatore il protagonista del proprio sviluppo fin dall’inizio della lezione.
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“Trova la vera motivazione del giocatore”: ed oltre a quella anche eventuali blocchi a soddisfarla che potrebbero non essere ben chiari al giocatore.
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“Chiedere al giocatore ‘come lo sente’ è molto importante per consolidare un cambiamento”: il ‘sentire’ e l’essere consapevoli, attivati e poi facilitati durante tutta la lezione dall’attenzione alla propria respirazione, vengono considerate qui come le abilità da sviluppare per migliorare ogni capacità tennistica.
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“Ripeti le parole chiave usate dai giocatori”: riaffermare, parafrasare, sintetizzare sono gli strumenti principali dell’ascolto attivo, imparziale e senza giudizi, per aiutare il giocatore a delineare il problema.
Adottando quanto sopra come principi fondanti del Gestalt-Tennis, la funzione del maestro può evolversi oltre l’insegnare un bel diritto e rovescio. Mentre lo fa, può anche aiutare il giocatore a sviluppare consapevolezza del ‘qui e ora’ rappresentato dalla palla in arrivo, e a valutare potenziali interferenze emotive che influiscono sul suo godimento del tennis; e così aiutandolo a fare esperienza della propria capacità di giudicare e fare scelte, di cambiare e correggere da dentro, affidandosi alle proprie risorse e maturità. Davvero, come riconosciuto da T2, in una lezione di tennis possono succedere un sacco di cose.
3) Gestalt-Tennis come attività psicosociale: un’esperienza di auto-aiuto in un contesto di socialità.
Considerate le opportunità di supporto psicoterapeutico che una lezione di tennis può offrire grazie ad un approccio Gestalt, ritengo che il tennis possa essere sviluppato in una piena attività psicosociale, cioè apertamente indirizzata al miglioramento della salute sociale dei partecipanti e della loro capacità di mantenere relazioni costruttive con altri individui. Qui il benessere emotivo e relazionale dei giocatori è l’obiettivo primario e dichiarato.
Con la dovuta diligenza e supervisione professionale, una lezione di gruppo potrebbe essere interamente dedicata all’auto-consapevolezza e all’auto-controllo con ben poca attenzione se una pallina finisce dentro o fuori. Ad esempio, l’esercizio iniziale di respirazione consapevole potrebbe essere esteso a includere movimenti più complessi in stile Tai-Chi, con posizionamento dei piedi in apertura, swing, equilibrio dinamico; la sessione promuoverebbe principalmente un approccio guarda/tocca/senti giocando in modo creativo con palline, rete, racchette, spazio e tutto ciò che ha a che fare con un campo da tennis; camminare, correre, parlare o urlare attraverso il campo; ‘danza’ tennistica; verrebbe dedicato del tempo ad esplorare la relazione con il maestro e gli altri partecipanti, con giochi e discussioni. Quest’area sarebbe sviluppata in diretta collaborazione con dei terapeuti Gestalt.
Anche questa proposta potrebbe sembrare eccessivamente ambiziosa; eppure nei circoli è ormai normale trovare offerte per il ‘Cardio-Tennis’, dove gli esercizi ad alta intensità fisica prendono il sopravvento sul gioco effettivo. Un futuro dove il Gestalt-Tennis viene sviluppato e promosso con intenti psicosociali potrebbe essere non troppo lontano.
Conclusioni
Credo che gli esempi concreti riportati sopra offrano un forte incentivo alla costruzione di un ponte tra la Gestalt e l’insegnamento del tennis al fine di migliorare sia il gioco che il benessere emotivo dei giocatori. Per farlo, suggerisco prima di tutto che la respirazione consapevole diventi la base di qualsiasi insegnamento tecnico a qualsiasi livello, specialmente nei bambini e principianti; questo per fornirgli uno strumento per accedere alla ‘zona’ fin dai loro primi passi in campo. Inoltre, dopo aver osservato quanto questo permetta al giocatore di esplorare complessi emotivi che influenzano il suo gioco, sostengo che un approccio Gestalt possa elevare la lezione di tennis ad un’esperienza di auto-aiuto con potenziali benefici che vanno al di là del tennis. Ed è per questo che, infine, propongo come tale potenziale psicoterapeutico possa trasformare una lezione di tennis in un’attività esplicitamente dedicata al benessere emotivo, dove ‘vincere il punto’ è l’ultima delle priorità.
Per mettere questo in pratica, un maestro di tennis può:
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Invitare il giocatore a controllare ciò che può: la sua respirazione.
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Riconoscere che controllare la respirazione è cruciale per il controllo del corpo, e pertanto cruciale per controllare racchetta/palla/punto.
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Incoraggiare a sviluppare un rapporto ravvicinato e sensoriale con il proprio corpo e il ‘campo’ (campo/palla/racchetta) invece di una relazione astratta e cognitiva.
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Vedere nella lezione di tennis un’opportunità di auto-consapevolezza, e portare il giocatore a prendere coscienza dell’ovvio, della situazione in cui si trova.
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Aiutarlo a identificare e gestire eventuali dinamiche emotive che impediscono un pieno godimento del gioco.
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Incoraggiare a giocare a tennis in modo sensuale ed esperenziale.
Nonostante sia ancora ai primi passi, questa filosofia tennistica ha prodotto finora risultati molto incoraggianti. Questi rafforzano la mia convinzione che elevando la respirazione consapevole e l’auto-consapevolezza a suoi pilastri, il Gestalt-Tennis sia un modo avvincente per aiutare ogni giocatore a gestire un bello scambio e di più. Questa poesia del maestro e monaco buddista Thich Nhat Hanh esprime tale potenziale in modo splendido. Chissà se ha mai giocato a tennis.
“Inspirando, so che sto inspirando.
Espirando, so che sto espirando.
Inspirando noto che l’inspirazione si è fatta più profonda.
Espirando noto che l’espirazione si è fatta più lenta.
Inspirando, mi calmo; espirando, mi sento a mio agio.
Inspirando, sorrido; espirando, lascio andare.
Inspirando, dimoro nel momento presente.
Espirando, mi accorgo che è un momento meraviglioso.”
Michele Puccioni
Note
1) ‘Giocatore’ e ‘giocatori’ vengono usati in accezione neutra, senza riferimenti di genere.
2) Con il suo approccio fenomenologico-esistenziale e la sua attenzione al ‘qui e ora’, la Gestalt si presta in modo straordinario all’interpretazione dell’esperienza tennistica, dove l’attenzione al ‘qui e ora’ della pallina è fondamentale per ottenere un ‘pieno contatto’ e controllare l’intenzione di gioco. Allo stesso tempo, il tennis sembra prestarsi perfettamente alla terapia Gestalt, permettendo al soggetto un’esperienza diretta e prolungata del proprio corpo e delle proprie emozioni in un ciclico ‘qui e ora’ di palle da colpire e situazioni di gioco. Per una valutazione rapida di questo stupefacente parallelismo, si confronti la rappresentazione grafica del ‘ciclo del contatto’ Gestalt con quella del ‘ciclo del colpo di tennis’ (vedi appendice A).
3) L’esercizio di respirazione mira a stimolare la consapevolezza del momento, del proprio corpo e dei movimenti del corpo in quel momento. Nella sua versione più semplice: in piedi, occhi chiusi, racchetta in mano, concentrarsi sul qualche respiro; aprire gli occhi e prendere consapevolezza del ‘campo’ (contesto, forma e dimensioni, condizioni metereologiche); poi sempre ponendo l’attenzione alla respirazione, ‘sentire’ i piedi e il loro appoggio, piccole oscillazioni su piedi, ginocchia, bacino per sperimentare il proprio equilibrio; osservare e ‘sentire’ movimenti di polsi, gomiti e spalle e apprezzamento di peso e dimensioni della racchetta. In versione più avanzata, si possono includere ‘forme’ tennistiche in stile Tai-Chi, ad esempio da posizione di attesa a semi-aperta con diritto top-spin. (Se questi movimenti a velocità ridotta sembrano irrilevanti per il tennis ‘reale’, l’invito è ad osservare un maestro Tai-Chi esercitarsi con una spada a velocità ‘reale’. Forse penserete che sarebbe più probabile sopravvivere contro qualcuno che impugna una pistola.)
4) Per ‘zona’ si intende quella condizione psicofisica dell’atleta inseguita praticamente in tutti gli sport; nella ‘zona’ tennistica il giocatore si libera di ogni considerazione razionale e raggiunge una sorta di trance, dove una pallina appare più nitida e grande e dove il tempo sembra rallentare permettendo al giocatore di raggiungerla e colpirla con facilità, con effetti di pura estasi. Si tratta in essenza di un’esperienza fenomenologica pura in cui il giocatore utilizza appieno i suoi ricettori sensoriali ed è in perfetta sintonia con i movimenti del proprio corpo in relazione al contesto.
5) Gli unici ‘dati’ che ho raccolto riguardano A, 9 anni. L’esercizio consisteva nel lanciare/prendere la palla durante una corsa laterale. Senza attenzione alla respirazione: 3 prese mancate. Con attenzione alla respirazione: 1 presa mancata. Ovviamente non si può affatto escludere che A sia migliorato nel secondo ciclo semplicemente per caso o perché aveva già fatto pratica nel primo. Quel che conta davvero è il suo commento:
Maestro: Come ti è piaciuto di più, con la respirazione attenta o senza?
A: Con la respirazione attenta.
M: E secondo te perché?
A: Forse perché se respiri attento fai più energia e se controlli il respiro non diventi cosi stanco…?
6) Un luogo comune nei circoli di tutto il mondo individua nella ‘tensione’ il peggior nemico del tennista. Eppure alla fine dei conti la ‘tensione’ non è altro che la manifestazione fisica di emozioni al lavoro (paura, rabbia, vergogna e così via) che provocano la contrazione non necessaria dei muscoli e risultano in un movimento corporeo non efficiente. Non è questo il luogo per discutere come il ‘cervello emotivo’ sia coinvolto nell’attivazione del sistema nervoso e della muscolatura. Quello che si vuole sottolineare è che sarebbe riduttivo considerare le ‘tensioni’ come legate solamente alla palla in arrivo e/o alla situazione di gioco .
Bibliografia
Bond T. (2010) Standards and Ethics for Counselling in Action; Sage Publications
Clarkson, P. (1995) The Therapeutic Relationship; Whurr, London.
Joyce P. and Sills C. (2010) Skills in Gestalt Counselling and Psychotherapy; Sage Publications.
Morelli, M. (2007) Le tecniche di respirazione Yoga; Red, Milano
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Nicholls, A. (2017) Psychology in Sports Coaching: Theory and Practice; Routledge, Oxon
Perry, J (2020) Performing under pressure: psychological strategies for sporting success; Routledge, Oxon.
Van Der Kolk, B. (2014) Il Corpo accusa il colpo. Mente, corpo e cervello nell’elaborazione delle memorie traumatiche; Raffaello Cortina, Milano
Van Lysebeth, A. (1973) Pranayama – La dinamica del respiro; Astrolabio, Roma
Appendice A
Gestalt – Ciclo del contatto
5 – AZIONE
esprimersi, agire
4 – MOBILITAZIONE 6 – PIENO CONTATTO
prepararsi all’azione, soddisfare pienamente il bisogno,
accumulare energia completare il disegno
3 – RICONOSCIMENTO 7 – ASSIMILAZIONE
mettere a fuoco, dare integrazione, accettazione, nuova
significato, dare priorità esperienza, soddisfazione
2 – SENSAZIONE 8 – RIENTRO
sentire l’emergere di lasciare andare, allontanarsi
un nuovo bisogno 1 – CAMPO
disponibile a nuove
forme emergenti
Tennis – ciclo del colpo
5 – SWING RACCHETTA
esprimere le proprie
intenzioni di colpo
4 – POSIZIONE E PREPARAZIONE 6 – PUNTO DI CONTATTO
caricamento gambe, apertura colpire la palla,
della racchetta applicare il piano
3 – MOVIMENTO 7 – CHIUSURA
messa a fuoco di palla & colpo permettere l’equilibrio dinamico,
durante il movimento gratificazione fisica e mentale
2 – SPLIT STEP 8 – RIENTRO
emergere della nuova palla, riposizionamento per il colpo successivo
il colpo inizia a delinearsi 1 – CONDIZIONE
D’ATTESA
fisicamente e mentalmente pronti
a ricevere una nuova palla
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