Per una visione gestaltica fenomenologica esistenziale della scuola
Serena Draghi Lorenz – Psicologa Presidente Associazione la fonte APS
Pubblicato sul numero 44 di Formazione IN Psicoterapia, Counselling, Fenomenologia
Prime riflessioni a partire da una ricognizione in letteratura della definizione di Benessere: da una nozione riparativa, circoscritta agli studenti, a una nozione di benessere per ripensare e ridonare senso ben-essere insieme agli altri.
Che cosa significa guardare alla scuola con una visione gestaltica fenomenologica esistenziale, alla luce dell’emergenza pandemica?
La situazione pandemica, le sue conseguenze e il suo impatto sul benessere delle persone costringono a rivedere anche il sistema scolastico e formativo e le sue priorità…
La “scuola” è una realtà complessa e multiforme, disomogenea e articolata, spesso scissa fra teoria e prassi, fra burocrazia e il vivere quotidiano delle singole realtà: tanto da quasi poter dire a un livello schizofrenico.
Eppure la “Scuola” dopotutto, al pari della democrazia, è il compromesso (o addirittura la sintesi guadando con un atteggiamento molto positivo) per la crescita e il passaggio di consegne alle nuove generazioni, dove si impara a stare con gli altri stando appunto con gli altri. La scuola italiana, a cui si è rimproverato molto è pioniera a livello mondiale fra le istituzioni per la legislazione, ed è una pedagogia inclusiva per tutti, nessuno escluso…. l’intenzione a parole c’è, ma per quanto riguarda i fatti?
Cercherò di ripercorrere alcuni nodi critici e alcune polarità (cioè antinomie) che emergono in letteratura e nella ricerca per quanto riguarda la concezione del benessere a scuola, per ripensare il benessere stesso alla luce di alcuni principi base di una visione gestaltica fenomenologico esistenziale.
Come una lista della spesa ne elenco alcuni principi guida, che come stelle polari possono orientare chi si addentra nell’universo della scuola:
-
un approccio olistico (sistemico e ecosistemico) che richiama necessariamente ad una struttura di riferimento fondata su valori democratici, o quanto più democratici possibili;
-
l’importanza delle relazioni interpersonali fra tutti gli abitanti della scuola, e del senso di partecipazione ad un contesto più ampio;
-
il rispetto della persona nel suo insieme psico-fisico ed emotivo (oltre che cognitivo);
-
l’attenzione alla percezione e ai vissuti soggettivi, al sentire e all’intenzionalità (le motivazioni) di ognuno, per i quali ognuno è responsabile e competente;
-
L’importanza di esperienze di qualità, che necessariamente passa attraverso l’attenzione al qui ed ora che si va creando;
-
l’importanza della creatività, dell’arte e del gioco per far fronte alle sfide esistenziali e ai conflitti esistenziali anche all’interno della scuola
Le Linee di indirizzo del Cnop del 2020 e la successiva Convenzione, inseriscono la figura e l’expertise dello psicologo per azioni di sostegno per le conseguenze psicologiche della pandemia: per garantire un’organizzazione che, sulla base delle indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità, tuteli la salute fisica psichica e sociale di tutti gli abitanti della Scuola, raccomandando di “supportare gli aspetti cruciali che riguardano la comunicazione efficace interna all’istituzione e con i propri collaboratori, così come un monitoraggio costante del benessere psicologico del sistema scolastico e dei suoi componenti 1.
Si parla spesso di benessere ma quale è il ruolo effettivo dato al benessere che poi ritroviamo nella realtà dei diversi contesti scolastici? Da un excursus nella letteratura in tale ambito, stupisce la esiguità di ricerche sull’intero sistema scolastico, che rimangono invece circoscritte prevalentemente al benessere degli studenti. Mi pare un aspetto non trascurabile. Se l’alunno è al centro del sistema formativo, il suo benessere appare comunque correlato, come vedremo, e imprescindibile dal benessere degli stessi insegnanti, del personale tutto e dal clima organizzativo nel suo complesso. Un’indicazione d’altronde più volte ribadita anche in sede di indicazioni europee:
“…Una scuola che promuove salute è una scuola che mette in atto un piano educativo strutturato e sistematico a favore della salute, del benessere e dello sviluppo del capitale sociale di tutti gli studenti, del personale docente e non docente.Le scuole che promuovono salute hanno dimostrato di essere in grado di migliorare la salute e il benessere di tutta la comunità scolastica e, facendo parte di una comunità sociale più ampia, rappresentano uno dei contesti privilegiati per ridurre le diseguaglianze di salute…2”
1. Disagio e benessere.
A questo punto ripartirei dall’inizio, da come viene definita la salute nella Dichiarazione di Alma Ata e nella Carta di Ottawa:
“La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente l’assenza di malattia o infermità3”
“La promozione della salute è quel processo che mette in grado le persone di aumentare il controllo sulla propria salute e di migliorarla4”
E citando nuovamente le stesse Linee Guida del Cnop:
“L’attuale accezione di salute, così come promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), include le differenti declinazioni del concetto di benessere: fisico, psicologico, mentale e sociale. Lo stato di salute si realizza solo nel momento in cui gli individui hanno la possibilità̀ di sviluppare e mobilitare al meglio le proprie risorse, in modo da soddisfare prerogative fisiche, mentali, sociali e materiali.”
Eppure in molti lavori sul benessere a scuola l’attenzione appare ancora concentrata e circoscritta sul solo benessere degli studenti e su una sua definizione in quanto assenza di malessere5 Si parla ad esempio di «Mal di Scuola» come «tutte quelle situazioni di difficoltà e disagio che gli alunni manifestano in classe6»
Analogamente alla definizione di salute non riducibile all’ assenza di malattia, il benessere psicologico non può esaurirsi nell’ assenza di malessere, di disagio o di traumi. Inoltre frequentemente il benessere viene correlato alla dispersione ed aldrop-out scolastico o al suo opposto al successo formativo e al buon rendimento scolastico. Questi sono senz’altro delle cartine tornasole e degli indicatori significativi dello “stare bene a scuola” e appare evidente che esiste una relazione significativa Benessere e Disagio: tuttavia è chiaramente troppo riduttivo appiattire per negazione il Benessere all’assenza di Disagio.
È chiaro che l’emergenza pandemica accende i riflettori sul secondo termine. I dati recentissimi parlano di un aumento di sintomi ansiosi e depressivi, a causa della pandemia, anche in età precoce (allarmanti appaiono i suicidi in età adolescenziali).
Di questo la scuola non può chiaramente non farsi carico e oggetto di confronto per diventare un contesto protettivo, motore di resilienza. Ricerche pre-covid mettono in luce quanto in alcuni casi l’ambiente scolastico sia concausa (insieme ad altri fattori) della creazione di diverse tipologie d’ansia (fra gli elementi scatenanti riscontrati emerge la stessa modalità pedagogica della “lezione frontale” come un fattore ad alto rischio, contesti non inclusivi, troppo “giudicanti” e competitivi ecc.).
Ma se restiamo in questa dimensione di correzione del disagio perdiamo l’occasione offerta dalla crisi per ripensare le nostre strategie complessive. Non si corregge il disagio se non si parte da una applicazione positiva (ovvero dalle risorse “oltre”, non solo dalla criticità e dalle emergenze) e preventiva del benessere.
Un altro aspetto dell’ambiente scolastico che ha grande peso sulle dinamiche ansiogene e sul benessere egli studenti (come chiaramente esplicitato anche dalla definizione di Salute e benessere dell’OMS) la dimensione sociale e relazionale. È un bisogno umano fondamentale avere relazioni significative, essere e sentirsi parte, di una realtà sociale. È una dimensione che in questo periodo di forzato insegnamento a distanza e di misure di distanziamento sociale ha subito per tutti una drastica limitazione. Gli effetti sono carenze/deficit (di relazioni sociali ed interpersonali, di vicinanza e condivisione) da cui siamo tutti toccati.
Questo bisogno (di relazioni significative basate sulla fiducia, di socialità, di appartenenza, di partecipazione), nei bambini e nei ragazzi in un periodo evolutivo fondamentale è particolarmente cruciale per il loro sviluppo di una personalità sufficientemente coesa ed armonica. Ma è anche motore degli stessi apprendimenti e base del proprio star bene. La letteratura è ampia in questo ambito e mostra quanto per esempio l’essere o percepirsi escluso in classe ha ricadute sullo sviluppo sociale, emotivo e comportamentale7, ha ricadute a livello di memoria e di ragionamento logico8 oltre che sull’abbandono scolastico9.
2. Benessere: definizioni generali.
Diversi autori10 raccomandano di prendere in considerazione per quello che riguarda il benessere il più ampio numero di aspetti, e pongono l’accento sulla necessità di una più ampia gamma di variabili per la sua definizione: il diagramma che viene tracciato nelle ricerche è quello fra l’ordinata e l’ascissa della dimensione soggettiva ed oggettiva dell’esperienza.
Scarinci e collaboratori (2016), allo scopo di creare uno strumento in grado di misurare il fenomeno benessere, definiscono il benessere psicologico come derivante dalla percezione della possibilità positiva di modellare il proprio mondo secondo scopi, mentre il benessere soggettivo11 risulta essere il vissuto emotivo derivante dal significato che se ne ricava.
Petrillo e Donizzetti (2011) individuano tre principali linee di ricerca: il benessere soggettivo, fondato su un’analisi dell’esperienza individuale di benessere; il benessere psicologico, inteso come funzionamento psicologico ottimale o “salute mentale positiva”; il benessere psico-sociale, che interpreta il benessere come interazione dell’individuo con l’ambiente nel quale è inserito. In quest’ultima prospettiva alcuni studiosi hanno tentato di definire le caratteristiche di un ambiente educativo di qualità come un sistema di interazioni positive che soddisfino i bisogni della persona 12.
3. Benessere: definizioni scolastiche.
Un basso rendimento scolastico è un fattore che spesso si accompagna a demotivazione e poca fiducia nelle proprie capacità (quindi una bassa autostima ed autoefficacia, altri elementi fondamentali del benessere), e che aumenta le probabilità di lasciare la scuola precocemente. Nella letteratura italiana diversi sono i lavori che prestano attenzione alle condizioni di benessere degli studenti in relazione con il successo scolastico13.
Un tassello interessante di questo ampio mosaico ci viene dal questionario somministrato dall’indagine Pisa sul benessere psicologico degli studenti i cui risultati vengono commentati in Pisa in Focus n. 50: Do teacher-student relation affect student’s well-being at school, in cui si esamina come il rapporto tra docenti e alunni quindicenni influenzi il senso di appartenenza dei ragazzi alla scuola, il loro benessere e anche il rendimento scolastico (OECD, 2015).
Dagli studi di OECD si delinea quindi una relazione tra il benessere/il disagio e il rendimento ma anche tra questi elementi e il loro rapporto con i docenti. In altre parole esiste un motore (il rapporto docenti-alunni) che produce coinvolgimento e permette la correzione (fino alla cancellazione del disagio).
Su questa linea altri studi mostrano una relazione molto significativa tra i fattori di Benessere/Disagio e Percezione del contesto scolastico degli studenti con i livelli di Burn-out dei loro insegnanti14 burn out degli insegnanti che è stato messo, a sua volta, in relazione con la percezione del contesto lavorativo e alla mancanza di supporto esterno).
Un altro contributo in questa direzione arriva dagli studi sull’intelligenza emotiva, come cioè l’insieme delle competenze non cognitive influenzano l’abilità di rispondere efficacemente alle domande dell’ambiente)15, la capacità di percepire, riconoscere e gestire le emozioni proprie e altrui16, come la capacità di saper leggere i propri sentimenti e quelli degli altri, di motivare sé stessi e di saper gestire senza difficoltà le relazioni17. In letteratura l’intelligenza emotiva, in quanto costrutto multidimensionale, viene infatti presentata come correlato e predittore del benessere18 e sembra associarsi alla capacità di adattamento e di essere positivi19 come anche alla percezione di autoefficacia. Questi studi mostrano anche l”importanza del ruolo dell’insegnante in questo ambito rilevando al tempo stesso come gli insegnanti si sentano spesso inefficaci riguardo a tali compiti e senza formazione rispetto a questi temi20.
Per quanto riguarda invece gli studenti, la definizione di Benessere data da Stanzione e Antonova parte dalla individuazione di 4 componenti: la soddisfazione degli studenti, il clima scolastico complessivo, la percezione dell’ambiente come sicuro e l’assenza di disagio psicologico21. Mentre nel QBS-8-13 vengono individuate 5 diverse scale: soddisfazione e riconoscimento personali, rapporto con gli insegnanti, rapporto con i compagni, atteggiamento emotivo a scuola, senso di autoefficacia, alla cui valutazione concorrono sia gli studenti, che gli insegnanti che i genitori. 22
ll concetto di salute per i giovani, emerso dall’ indagine “I giovani: i rischi, l’insicurezza, il benessere” condotta nel 2008 da GfK Eurisko equivale allo stare bene con sé stessi e con gli altri, ad avere amici, una famiglia vicina e un buon rendimento scolastico. Per Laghi e Baiocco il costrutto della soddisfazione nell’ambiente scolastico risulta un aspetto del benessere soggettivo dello studente, soddisfazione che viene interpretata nel loro strumento SPQS Soddisfazione personale e qualità della vita degli studenti”, come composto da quattro fattori: soddisfazione relazionale, soddisfazione in relazione alle attività di studio, soddisfazione in relazione ai docenti, soddisfazione personale23) identificano invece alcuni indicatori del benessere in adolescenza con l’autostima, la soddisfazione di vita e l’orientamento ottimistico24. Per Caputo un’altra dimensione ascrivibile al costrutto di benessere è la motivazione che si dimostrastrettamente legata all’apprendimento e a elementi come la concezione del sé, l’autonomia, l’autostima, il desiderio di successo e la paura di fallire25.
Altri studi26 concorrono a dimostrare che l’apprendimento si realizza in modo pieno solo in contesti in grado di favorire l’attivazione e il protagonismo degli studenti, di renderli partecipi e non passivi, di farli lavorare in gruppo, di dare loro abilità, che oggi vengono comunemente definite soft skills e/o life skills e non solo attenzione ai contenuti dei programmi ministeriali.
-
La creatività, l’arte e il gioco
Franco Fabbroni formula alcune perplessità su una scuola solo cognitiva e competitiva, basata su un’istruzione miniaturizzata a saperi-verità, “dove si insegna e si impara a pappagallo al solo scopo di superare i test-di profitto: i quiz. Con questo esito catastrofico: le Conoscenze coccodè evaporano rapidamente e muoiono precocemente”27
All’opposto i veri bisogni e motivazioni da stimolare dovrebbero essere: il movimento, la fantasia, l’avventura, l’esplorazione, la costruzione, il fare da sé, l’autonomia e la socializzazione. Sono le motivazioni da tenere in vita presso le nuove generazioni: declassate e mutilate -oggi- dall’avvento di pratiche formative tutte-nel-banco, nozionistiche, mnemoniche, astratte28.
Al di là degli aspetti strettamente terapeutici, che qui non verranno analizzati, il gioco, l’arte e la creatività scorporati dai processi di apprendimento/insegnamento ribussano alla porta reclamando il loro posto di diritto come vettori trainanti delle motivazioni ad apprendere anche nelle materie curricolari, in un circolo virtuoso che si nutre di memoria, esperienze ottimali, tonalità emotiva, contesti, regole, intenzionalità, corpo. Dei contesti protetti quindi dove la qualità è letta non solo in termini di efficienza e produttività ma anche come capacità di sentire, immaginare, emozionarsi, sapersi relazionare agli altri, sognare e avere fiducia nel futuro. Uno spazio dove è possibile sentire ed esprimere “l’effetto che fa”, rielaborare i propri vissuti emozionali, affettivi e cognitivi insieme agli altri (dove il pensiero digitale si nutra del pensiero analogico e questo si appoggia all’altro, direbbe Paolo Quattrini) creando percorsi di socializzazione, apprendimento e riflessione non solo lineari (verticali e/o orizzontali che siano) ma creativi, trasversali, reticolari e complessi.
Molti autori assumono il gioco come il paradigma per comprendere la cultura nelle sue amplissime manifestazioni29 (Fra arte e gioco esistono molte correlazioni: in entrambi i casi si esplorano creativamente i confini fra libertà e regole, fra realtà e immaginazione, fra sé e gli altri.) L’arte è sempre stata espressione della cultura di cui era frutto: il ludus e il gioco, l’arte, la creatività divengono la matrice stessa della cultura connessi al concetto di “relazione”. Tramite il gioco simbolico e lo spazio transazionale l’individuo può “giocare con i simboli, le emozioni, le cose in sé, gli oggetti interni ed esterni e i significati condivisi con gli altri”, promuovendo percorsi di conoscenza, rielaborazione, cambiamento, crescita30.
Laporta, se pur in riferimento all’educazione degli adulti, pone il problema della stessa trasformazione sociale in termini di creatività “poiché, se lo sviluppo della società è affidato all’innovazione, questa si presenta come un processo le cui dinamiche fanno un posto sempre più largo, appunto, al concetto di creatività”31.
Non solo modelli quindi a cui conformarsi, programmi e traguardi da raggiungere, ma attenzione al processo dell’esperienza di ognuno, ai vissuti personali e al “sentire” per i quali siamo tutti parimenti competenti, per i quali non vi è una competizione ad essere il più bravo, e per i quali è necessario un’esuberanza di creatività e di empatia anche da parte degli adulti che lavorano a contatto con le nuove generazioni nei nuovi scenari in cui stanno crescendo…
6. Per una scuola e un benessere incluso
A tutela delle condizioni di benessere che si va delineando rientra perciò l’esperienza stessa della scuola intesa in modo olistico, un’esperienza che sia di qualità e che nasca dall’interazione di chi la vive con l’ambiente nel quale è inserito, ovvero come un sistema aperto e complesso, in cui ogni elemento può influenzare ed è influenzato dagli altri sottosistemi.
Adottare questa impostazione significa ribaltare la modalità di intervento: da un approccio prevalentemente di “riparazione” concentrato esclusivamente sul disagio dello studente, a un intervento che mette al centro la promozione del benessere delle persone dell’intera organizzazione”32.
In letteratura ci si riferisce infatti alla creazione di «un ambiente armonico dove i principali fattori che migliorano il benessere della persona, cioè la promozione delle abilità sociali e dell’autoefficacia, sono condivisi, praticati e sostenuti dai professori, dai familiari e da tutti coloro che vengono a contatto con la realtà scolastica.33 “
Ma in questa ottica parlare di benessere a scuola significa anche considerare prioritario ‘l’esserci e il sentire delle persone” coinvolte, più che le loro performances e il loro profitto. Significa cioè ribaltare la prassi della lezione frontale e dell’interrogazione, verso strategie educative e didattiche e misure organizzative che possono sviluppare un vero ambiente armonico, sufficientemente buono (a partire dall’organizzazione degli spazi e dei tempi, dalle metodologie educative laboratoriali e collaborative quali la peer education, la life skill education, l’educazione affettiva, la formazione per gli insegnanti e il loro supporto/empowerment, e il clima organizzativo del personale ecc. ecc.).
In sintesi la situazione attuale di pandemia sospesa e protratta nel tempo richiede un surplus di promozione/empowermentdi “competenze psicologiche”, ma soprattutto di “riumanizzazione” della scuola e della comunità educante.
“Troppo spesso nella scuola si è portati a trascurare gli aspetti emotivi del processo di sviluppo dell’allievo a tutto vantaggio di quelli puramente cognitivi, dimenticando che l’individuo è totalità integrata ed organizzata e nella sua totalità va educato. Senza contare che, in ogni situazione di apprendimento, c’è un’osmosi tra sfera affettiva e cognitiva34”.
Da una parte abbiamo quindi l’insegnamento e dall’altra l’educazione. Questo doppio registro (insieme all’antinomia affettivo e cognitivo) si trova al centro di numerose riflessioni che investono l’apprendimento e l’intelligenza tout court enon è casuale che corrisponda a una polarizzazione degli obbiettivi del sistema dell’istruzione e della formazione: chiamato a istruire, a promuovere gli apprendimenti e preparare al mondo del lavoro da una parte e alla formazione morale, spirituale, affettiva e globale della persona dall’altra. Questa doppia anima non è facile da ricomporre e integrare obbligando ad un cambiamento organizzativo che possa diventare strutturale e che consideri al centro del processo formativo anche la dimensione psicologica esistenziale, le competenze relazionali ed emotive in cui sia dato valore ai vissuti soggettivi di “soddisfazione personale”.
È forse ancora troppo utopico ripensare la scuola e il successo scolastico a partire da questa concezione di benessere bio-psico-sociale più complessa ed articolata o è invece davvero un’opportunità che la scuola si trova oggi a dover affrontare obbligatoriamente? Una sfida che ritrova il suo senso in un’idea di scuola inclusiva, realmente di qualità, a partire da“imparare ad essere oltre che imparare”, nel progetto comune di co-costruire un nuovo senso di ben-essere (e di felicità) di ognuno e di tutti (nessuno escluso).
1 Protocollo d’intesa tra Ministero dell’Istruzione e CNOP per il supporto psicologico nelle Istituzioni scolastiche LINEE DI INDIRIZZO PER LA PROMOZIONE DEL BENESSERE PSICOLOGICO A SCUOLA
2Better schools through health – The third european conference on health promoting schools, Vilnius, Lituania, giugno 2009.
18 Saklofske et al., 2003; Auston et al., 2005; Isaacowitz, 2005, Ciarrochi et al., 2003; Day e Carroll, 2004
Commenti recenti