GESTALT IN VERSI – Sesta uscita
Renata ha 39 anni, attraversa gli studi di filosofia e comunicazione, il marketing, di cui si occupa oggi nel suo lavoro, pratica e insegna lo Zhineng Qigong, una disciplina cinse che intende la salute e il benessere come pratica che allena alla consapevolezza, favorendo il benessere psicofisico nella sua interconnessione tra mente e corpo. Renata scrive diari sin da piccola. Per lei la poesia è stata una porta di accesso alla comprensione di sé, ai movimenti del sentire, una foto per tenere traccia dell’esperienza, per connettere pensieri sensazioni ed emozioni, un atto creativo per il bisogno stesso di sentire. Oggi riesce con più facilità a percepirsi, si sente più consapevole di ciò che le accade e scrive meno. Noi d’altro canto le auguriamo di creare ancora, in qualsiasi forma, e di donarlo come ha voluto fare oggi.
Il suo percorso di vita così intrecciato tra mente e corpo, strategie e connessione, mi stupisce e mi cattura cauta e rispettosa, attenta e sulle nuvole, dentro e fuori. Mentre la leggo mi ritrovo a fare una delle cose che spesso faccio in giro per la vita, osservando con una curiosità sfrenata esistenze diverse intorno a me: sono al parco e osservo una formica attraversare la natura impervia, decisamente poco favorevole, imbrattata dalla velocità umana, da quella mancanza di bello e di buono che….ma lei prosegue senza sosta il suo viaggio verso la tana, la protezione, la riserva, dentro e fuori…Una forza bestiale e un contatto a terra lieve che sfiora. Immagini che Renata mi evoca nel suo poetare.
Movimento e silenzio, desiderio e pudore, ama andare in moto e con le sue parole ci permette di salirci insieme, su quel desiderio sfumato di paura ed eccitazione, affidato al vento, che tocca la pelle e non si lascia afferrare. Possiamo osservare, fermarci, scendere, sentire l’acqua che bagna appena e si ritrae, che ci lascia inspirare ed espirare, coltivando un desiderio di accesso e contatto, di benvenuto a ciò che non conosciamo, senza pretesa di cattura, naturale, e si, impermanente.
Vi lascio ora a questa natura, perché ognuno ha la sua con cui giocare insieme e lasciarsi portare. Grazie Renata
“SENZA TITOLO 2018
Donna di vento
Che soffi sui giorni di cambiamento.
Ti sento
Senza poterti afferrare.
Chi sei tu?
Sconosciuta che parli all’Anima.
Da dove vieni,
che in silenzio entri
in una zona inaccessibile.
Ragazza di mare
Fatta di onde,
il tuo moto è un
andare e
venire.
In un ciclo di alta
e bassa marea.
Posso ammirarti
Ma senza toccarti”
— Renata Altobelli —
Daniele Cerioni è un poeta emergente col forte desiderio di donarsi al mondo come poeta e la tenacia di un “vecchio ciclista”. Molte sue poesie sono state già pubblicate. La sua metafora del ciclista mi ha molto incuriosito. E mentre mi incuriosiva ho continuato a leggerlo un po’. A rileggerlo ancora. E a rileggerlo mentre lo presento a voi, attratta dalle immagini che pare rinascono più volte ad ogni parola, ad ogni traversa, ad ogni risalita. Come nei sogni, dove le immagini e i loro desideri a volte si intrecciano, si chiudono, si riaprono, a volte si connettono ad “un filo d’argento” durante una stessa notte.
La sua poesia “nasce per caso”, lascandoci intendere un’ispirazione colta a volo, come accade quando troviamo il modo, il nostro, di rendere creativa la cura per noi stessi, di lasciarla libera di prendere forma artistica nell’atto stesso di osservarci, di ascoltarci, dandoci il permesso di farci del bene.
“Scrivere fa bene all’anima…mi fa stare meglio, mi pone in uno stato di appagamento spirituale” ci dice Daniele, come fosse un decompressore cauto e lento di ansie e paure, per non dimenticare i sogni con le loro missive intimamente misteriose e dense, o per non cestinare pensieri che vogliono la nostra attenzione e che nel caos spesso, come dice lui stesso, diamo in mano all’oblio.
Mentre mi lascio trasportare dalla poesia di Daniele, mi piace poter sentire aprirsi in petto le possibilità di legarsi e separarsi delicatamente. La delicatezza, arriva carnosa nelle sue parole, ci ricorda quanto ci appartiene naturalmente, quanto l’esistenza è coriacea ed anche vulnerabile, è anima e carne. Mi ricorda che, come ogni creatura inclusa in questa terra, mi accendo e mi spengo, vivo e muoio, mentre nel frattempo ti rivolgo o accetto l’invito a tenerci al filo giocoso e morbido del consenso, per non perderci nel cielo o per lasciarci fluttuare affidandoci alla vita, più grande.
E ora vi lascio assaporare e udire delicatamente le sue immagini inchiostrate, con l’augurio di percepire ogni finezza sinestetica. Grazie Daniele
“ SONO ANCHE IO NATURA
E come ogni creatura
di questa Terra,
anche io sono creatura.
E brucio al fuoco ardente
e mi spengo all’acqua corrente.
Solo cenere resterà di me.
Anche se duro di carattere,
come la roccia o come il marmo,
il mio cuore si sgretola
se viene ferito.
Perché il mio animo è docile, garbato.
Sono anche io frutto di questa Terra,
sono anche io umano.
E mi scaldo al sole come
le tue parole dolci scaldano
il mio piccolo cuore.
Sono anche io frutto di questa Terra,
e come gli alberi sono mosso dal vento.
E con me altri cento.
Così mi lascio con loro trasportare,
come un aquilone maldestro.
Se non vuoi farmi perdere nel cielo,
legami forte ad un filo d’argento.
Oppure, se preferisci,
lasciami libero di fluttuare in aria,
nella natura selvaggia,
che forse è la soluzione più saggia.
Perché anche io sono natura,
sono la sua parte più pura.
Così, nudo in mezzo alla natura,
ritrovo me stesso,
mi riconosco creatura
e non ho più paura.”
— Daniele Cerioni —
“ IO E TE
Immersa a prendere tutto
Dimenticai di prendermi sul serio
Dimenticai di odiarti un po’
Di lascarti andar via
Dimenticai di lasciarmi vuota
Dimenticai di amarti ancora
Dimenticai me
Dimenticai te
Sparimmo
Dimenticai
quanto basta per ricordare
lo spazio tra te e me
Sollevai la tenda
Dimenticai il sipario
La platea
Io e te”
— Betti De Stefano Silvestri —
Oggi Gestalt in Versi saluta e ringrazia di cuore coloro che hanno reso possibile questa nuova uscita chiudendo con un racconto del nostro Pierluca.
Faccio difficoltà a chiamarlo racconto. L’ho osservato per giorni prendere la forma dell’invito. Non era mai il momento giusto per dedicargli la giusta attenzione, uno stato d’animo che potesse accoglierlo per sentirlo vibrare con l’intensità umile e sacra dei saluti, di quei saluti che riavvolgono un nastro e nel contempo agganciano ai suoni dell’incontro, della relazione, della vita.
Più mi ostinavo a rendere giusto un momento, più mi congelavo. Stasera, mentre mi accingo a finire il numero, decido di entrare e scaldarmi un po’, consapevole della moltitudine dei colori, delle luci e delle ombre che avrei potuto sentire.
Decido di prendere un po’ parte anche io della testimonianza che Pierluca ci lascia e ci dona dell’esistenza di Xana, una sua amica e collega che purtroppo è venuta a mancare da poco.
Perché faccio fatica a chiamarlo racconto?
Perché Pierluca ci parla, ci suona e ci dipinge tra fantasia e realtà il frutto del loro incontro. E il modo con cui ci fa dono della sua esistenza è un’immagine che non cessa mai di rendere poesia la vita di Xana.
Una poesia dove una vita si fa immensa in tutte le sue parti, esplorata attraverso tutti i sensi, attraverso la fatica, il coraggio di prendere strade nuove, traverse, viottoli, vicoli, porti, mareggiate, travestimenti, smascheramenti.
Pierluca ci racconta un misto di piacere, eccitazione, avventura, limiti, curiosità, successi, un misto circense di gioco, malinconia, musica e magia in equilibrio su un filo che non smette mai di vibrare con amore ai suoni, tutti, di tutti, dell’esistenza.
Grazie Pierluca.
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